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della nostra personalità, ma in modo leggero e giocoso. Non dobbiamo invece dimenticare che la Grafologia, scritta di proposito con la iniziale maiuscola, è una scienza ed il grafologo arriva ad essere tale dopo numerosi anni di studio ed esperienza. Ho lavorato a lungo con la dottoressa Enrica Rognoni, grafologa di Novara, e da lei ho imparato tante piccole cose che mi sono servite a capire chi avevo davanti, a conoscere qualcosa in più della corrispondente epistolare, di un amico, ecc. Ma, ripeto, la Grafologia va ben oltre queste cose, quindi approfondiamo con Enrica, le nozioni che riguardano la sua professione.


Intanto su quali basi si fonda lo studio di una grafia, quali correnti di pensiero ci sono?


Anzitutto vale la pena di specificare che il presupposto fondamentale su cui si basa lo studio della grafia (quale mezzo comunicativo ma anche espressione del temperamento dello scrivente) affonda le radici nel principio per cui ogni attività motoria – e quindi anche l’atto dello scrivere – è governata da specifiche aree cerebrali; senza voler entrare nel dettaglio che potrebbe risultare tedioso se non addirittura poco comprensibile, possiamo dire che ogni movimento implica l’intervento dell’attività cerebrale nella sua componente neuro-motoria; componente che solo analiticamente può essere disgiunta dall’attività cerebrale legata alle emozioni ed alla loro espressione. Non per banalizzare ma per meglio chiarire, proviamo ad osservare le persone nei loro movimenti abituali: camminare, parlare, utilizzare una particolare mimica facciale, gesticolare, assumere una particolare postura del corpo, ebbene, non è difficile capire quale sia lo stato emotivo che accompagna la gestione di questi movimenti. La persona che cammina lentamente può essere serena, quella che cammina velocemente può essere agitata; la schiena curva in genere lascia supporre uno stato emotivo sofferente, ecc. Gli esempi potrebbero davvero continuare quasi all’infinito: il volto corrucciato, il sorriso, il modo di parlare (concitato o sereno); in questa sede preme però solo evidenziare come i movimenti siano il risultato di una gestione neuro-motoria che, inevitabilmente, è al tempo stesso espressione dello stato emotivo che ne accompagna l’agire.

Ciò, ovviamente vale anche per l’attività grafo-motoria che, rispetto ad altri movimenti ha un valore aggiunto costituito dal fatto che lascia una traccia permanente di sé: il nastro grafico prodotto dalla mano scrivente.

Ecco quindi che, in una sorta di ingegneria inversa, le peculiarità morfologiche della grafia diventano strumento di individuazione delle caratteristiche di chi l’ha vergata.

La dimensione delle lettere, la distanza tra lettere e tra parole, la curvilineità dei tratti, le inclinazioni delle lettere, lo spessore dei tratti, la tenuta del rigo, sono tutti elementi che “ci parlano” dello scrivente.

Nel tempo si sono sviluppate diverse Scuole di pensiero: tedesca, francese, italiana, svizzera, e da ogni Scuola si sono differenziati nuovi pensatori, ognuno portatore di nuovi contributi allo sviluppo ed al progredire della scienza grafologica. In ogni caso, comunque, il punto di partenza di un’analisi grafologica è l’osservazione delle caratteristiche morfologiche delle lettere e delle parole; a ciò si aggiungono poi i contenuti simbolici espressi nelle modalità con cui lo scrivente gestisce lo spazio grafico, i margini, la firma.


Entriamo nel dettaglio, e vediamo in quali campi professionali la tua materia è usata.


Generalmente si distinguono quattro ambiti di intervento: Grafologia dell’età evolutiva, della Famiglia, Professionale e Peritale.

La prima, Grafologia dell’età evolutiva, si pone l’obiettivo di analizzare la grafia di bambini al fine di evidenziare la presenza di eventuali difficoltà che potrebbero interferire con una crescita serena e completa; altro aspetto riguarda invece l’individuazione delle attitudini del bambino, al fine di orientarne la scelta scolastica per gli studi superiori.

La Grafologia della Famiglia è prevalentemente mirata alla verifica dell’affinità di coppia, ma estende il suo intervento anche nella disamina delle relazioni intrafamiliari genitori-figli.

La Professionale è volta a verificare se lo scrivente abbia, o meno, le caratteristiche temperamentali che lo rendono idoneo al ruolo che dovrà ricoprire in azienda; per contro, può essere utilizzata per individuare quale sia il ruolo professionale che meglio di adatta alla persona.

Infine c’è la Grafologia Peritale, la più tecnica e forse la più conosciuta, che ha una molteplicità di ambiti di intervento, per lo più riassumibili nel confronto tra saggi grafici al fine di individuare l’eventuale identità di mano scrivente: il testamento è stato davvero scritto dal de cuius? La firma sull’assegno è autografa? L’anonima minatoria è stata scritta dalla stessa mano scrivente del saggio grafico a disposizione per la comparazione?


Nel caso di ricerca del personale un curriculum scritto a penna può fare la differenza, per chi deve scegliere un collaboratore?


Sicuramente sì, a maggior ragione se al Collaboratore sono richieste specifiche abilità relazionali. È ormai da molto tempo che le Organizzazioni hanno fatto proprio il concetto per cui, oltre alle competenze professionali, i Collaboratori devono possedere doti relazionali che variano da un ruolo all’altro; essere bravi tecnicamente è divenuta condizione necessaria ma non sufficiente. L’analisi grafologica, spesso in sinergia con un colloquio psicologico, è in grado di evidenziare le caratteristiche temperamentali dello scrivente, fornendo al selezionatore elementi aggiuntivi con cui effettuare la valutazione dei candidati.


Sappiamo che tu spesso lavori per Studi Legali, in questo caso non si parla di analisi grafologica, ma di consulenza tecnica grafologica. Quale è la differenza e quali sono dapprima gli strumenti che usate, ed infine i risultati o gli scopi che vi prefiggete in questo lavoro?


La consulenza tecnica differisce dall’analisi grafologica soprattutto perché non ha come obiettivo l’individuazione del temperamento dello scrivente ma, nella maggior parte dei casi, ha lo scopo di verificare se uno scritto sia autentico o se due (o più) scritti siano stati vergati dalla stessa mano scrivente. I casi più frequenti riguardano la verifica di autenticità di firme (su documenti, assegni, testamenti, contratti) nonché l’autenticità di testamenti olografi. Esistono poi, ovviamente, numerosi altri casi di applicazione della grafologia in ambito peritale ma non sono così frequenti come quelli appena descritti.

Per quanto concerne gli strumenti utilizzati, il grafologo peritale non può fare a meno, in ordine di importanza, di: microscopio, macchina fotografica digitale, scanner portatile. Si tratta di strumenti con cui si possono analizzare e/o acquisire i saggi grafici coinvolti nel caso.

Può talvolta accadere di avere bisogno di apparecchiature sofisticate in grado di colpire il documento con luce ultravioletta (luce di Wood) o con raggi infrarossi; altre volte occorre fare ricorso ad analisi chimiche atte a fornire una datazione dell’inchiostro e quindi dello scritto. In questi casi, però, ci si avvale della collaborazione di laboratori specializzati e accreditati.


La nostra firma, mi hai insegnato, la dice lunga sul nostro carattere, per lavoro sei chiamata a valutarla spesso, a confrontarla con altre per accertarne l'autenticità?


La firma è l’unico nastro grafico che ci accompagna per tutta la vita. È talmente parte di noi che la verghiamo con automatismo grafo-motorio; questo è dimostrato anche da alcuni esperimenti condotti al riguardo, che hanno dimostrato che se una persona viene interrotta mentre scrive la propria firma, trova più facile ricominciare daccapo piuttosto che riprendere dal punto in cui è stata interrotta. La firma è ciò che più ci rappresenta. In grafologia è importante osservare una serie di caratteristiche di essa: se è scritta a destra o al centro oppure a sinistra del foglio; se mantiene le caratteristiche del testo scritto o se si differenzia da questo e in quale misura; quanto sono ampie le iniziali di nome e cognome; se il nome sia scritto con lettere più grosse rispetto al cognome o viceversa; se siano presenti gesti accessori, tecnicamente “paraffe”, che accompagnano la firma, che sono poi gli svolazzi, le sottolineature, i cerchi o gli ovali in cui è inscritta la firma. Tutto ha un suo senso ed un suo significato.

Certo, come già detto, la firma è uno degli oggetti di verifica più frequenti in ambito peritale, specie per quanto riguarda la sua autenticità che ha una duplice valenza: verificare se sia stata vergata (o meno) da una persona e disconosciuta dalla stessa, oppure verificare se sia stata vergata da terzi ed attribuita ad una persona.


Ora invece veniamo alla grafologia più accessibile a tutti, più semplice, ma non meno importante: quanto il confronto di due scritture, una maschile ed una femminile, possono essere attendibili rispetto una analisi di coppia? Tante riviste femminili, spesso, propongono test e giochetti da fare con il proprio lui o la propria lei, i risultati analizzati da noi, semplici lettori, possono darci una parvenza di verità?


Qui il discorso diventa più complesso. La risposta è: dipende! Se il discorso è improntato alla guida autointerpretativa (“se c’è questo segno allora vuol dire che”), temo che il rischio di fraintendimento sia estremamente elevato; in questi casi, però, solitamente l’obiettivo è fornire una sorta di piacevole passatempo per il lettore. Altro è, invece, ciò che più frequentemente accade: il lettore invia le due grafie alla testata, un esperto le analizza e successivamente viene pubblicata una breve analisi grafologica comparativa che, talvolta con intento anche didattico, spiega il significato dei segni grafologici presenti nell’una e nell’altra grafia, traendo conclusioni sulla maggiore o minore affinità di coppia. In questo secondo caso si riduce considerevolmente il rischio di un uso erroneo della grafologia, anche se non lo si elimina del tutto: ogni caratteristica, infatti, ha un significato che deve essere valutato nel complesso e nell’insieme dei segni propri di una grafia. Insomma, non basta che sia presente una buona curvilineità del tratto per poter attribuire alla persona doti di socievolezza, altruismo, disponibilità etc.; è necessario verificare se, nel complesso delle caratteristiche del nastro grafico, questa componente è confermata da altri segni aventi significato similare o se è disconfermata da segni di valore opposto.

In linea generale, l’interpretazione effettuata dal lettore non esperto in materia può approssimarsi ad una analisi corretta ma se da questo dovessero dipendere decisioni importanti, consiglio caldamente di rivolgersi ad un grafologo professionista.


Le caratteristiche più frequenti che una persona desidera sentirsi spiegare dal grafologo, quali sono?


In questo caso è doveroso distinguere tra teoria e pratica. In teoria il contributo della grafologia è volto ad evidenziare i punti di forza ed i punti di debolezza della persona che, se lo desidera, può potenziare i primi e ridurre i secondi. In pratica, nella realtà è ancora assai frequente un approccio ludico a questa disciplina; ogni grafologo infatti è stato ed è più volte oggetto di richieste di analisi grafologica nelle situazioni più disparate: in treno, sull’autobus, al bar; luoghi e situazioni che nulla hanno del setting professionale e che erano, e sono, solo espressione di curiosità nei confronti di una scienza umana che ancora oggi per molte, troppe, persone, più che una scienza è l’esercizio di un’arte pseudomagica.

Oppure ancora pensiamo a quando la persona ascolta o legge quanto emerso dall’analisi e normalmente esprime un giudizio sulla veridicità del responso (“questo è vero”, “questo non è vero). Mi ricordo un mio Professore che, riferendosi proprio a questo atteggiamento da parte dell’interlocutore, sul quale ci mise ben in guardia, diceva che è come se una persona andasse dal medico il quale, visti i risultati di specifici esami clinici, diagnosticasse un problema – che so – al fegato e si sentisse rispondere dal paziente che ciò non è vero. Non me ne vogliano i medici, mi raccomando: è solo un esempio.

Certo è che troppo spesso la bontà del lavoro del grafologo viene giudicata in funzione della maggiore o minore rispondenza al modo in cui lo scrivente percepisce se stesso.

Per rispondere più direttamente alla domanda, devo quindi dire che, in teoria la persona dovrebbe chiedere al grafologo una sottolineatura dei punti di forza e di quelli di debolezza; nella maggior parte dei casi, invece, vuole sentir confermate le qualità che sicuramente possiede, sorvolando o disconoscendo ciò che ci rende umani: avere anche qualche difetto.


Naturalmente tantissimi saranno i casi in cui la tua analisi centra perfettamente l’obbiettivo ed altri in cui invece non ti sembrerà completo lo studio che hai fatto; quali sono gli elementi indispensabili per un lavoro preciso?


Fondamentali sono: la naturalezza del tratto che non deve essere vincolato da spazi ristretti o righe da seguire; la comodità dello scrivente e la disponibilità di materiale grafico sufficiente. In realtà quest’ultimo aspetto è il più importante; non poter disporre di scritti sufficienti per qualità e quantità può pregiudicare la bontà del risultato analitico, specie in ambito peritale.


E’ importante anche il mezzo con cui si scrive, tra matita, penna biro o stilografica, rispetto a quanto stiamo dicendo; che differenze ci sono?


Certo: anche lo strumento scrittorio ha la sua importanza, sia pur relativa; tendenzialmente il tratto a matita (che per sua natura può essere cancellato) può indicare il bisogno di perfezionismo, di tornare indietro per cambiare e cesellare meglio il lavoro prodotto; il pennarello solitamente, grazie alla porosità della carta su cui si scrive, tende a produrre un tratto poco sfumato (tratti più spessi e tratti più sottili) e ciò può indicare il bisogno di uniformità, ordine; discorso diverso è per la penna stilografica: la peculiarità del pennino è proprio quella di evidenziare la differenza di spessore dei tratti e il fatto di scegliere questo strumento scrittorio può indicare il bisogno di chiarezza. Avrai notato che ho abusato del “può” perché queste indicazioni hanno comunque bisogno del conforto o della smentita dell’intero contesto grafologico.


Di grafologia non si può parlare che riguardo la scrittura a mano, ma tanto si può dire, di una persona, anche quando scrive con la tastiera, vero? Ma qui forse si parla di altre regole da osservare….


Anche in questo caso la risposta è affermativa; è chiaro che le informazioni che si possono trarre da uno scritto tramite tastiera, rispetto ad uno vergato a mano, sono di meno; ciò non toglie, comunque, che siano presenti dati significativi: la gestione dello spazio grafico, la gestione dei margini, la dimensione ed il tipo di carattere utilizzato, l’allineamento del testo rispetto ai margini di destra e di sinistra, l’interlinea, la punteggiatura, la sintassi, l’ortografia, il rispetto delle regole formali di dattilo/videoscrittura,… sono tutti elementi che, sia pur limitatamente, informano circa le caratteristiche dello scrivente.

G.P.



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