| Il carrello della spesa, noi, la sobrietà 
 Credo
			sia esperienza della maggior parte di noi quella per cui, arrivati
			alla cassa del supermercato, si è portati a provare
			riconoscenza per la persona davanti a noi che ha poche cose nel
			cestino o nel carrello. Se analizziamo bene questo sentimento di
			riconoscenza ci accorgeremo che in fondo ad esso non c’è
			solo il sollievo – grato - per il fatto che ci tocca meno
			attesa: quello che proviamo io credo sia  il sentimento - specchio
			dell’altro, opposto -  per il quale, davanti ad un carrello
			stracolmo fino all’inverosimile sbuffiamo, pensiamo (o
			sussurriamo a mezza voce) all’occasionale vicino: ma quanta
			roba! ma chi avrà mai da nutrire quella persona, un asilo,
			una comunità? E anche: ma saranno veramente tutti necessari
			quegli oggetti, quelle vettovaglie? La vista del carrello con poche cose ci suscita – oltre al sollievo e alla riconoscenza - una certa ammirazione per la persona che lo porta, la quale appare ai nostri occhi come un esempio di sobrietà in mezzo ad una massa di persone che apparentemente sono state preda del consumismo non sappiamo se quella persona ha acquistato poco per scelta - obbligata o meno - o per virtù, ma la sua diversità non manca di colpire. Può anche essere che la vista delle poche cose depositate dalla persona virtuosa sul banco della cassa ci faccia fare un improvvisato esame di coscienza e magari indurre a togliere in extremis un articolo dal nostro carrello. Io
			non posso fare a meno, quando sono all’interno di un
			supermercato – io, preciso, niente affatto virtuosa di
			solito – di fare considerazioni sulla realtà
			dell’esuberanza di beni di consumo, sulla facilità
			con cui siamo preda dell’acquisto inutile, sullo spreco e
			via dicendo. Mi domando anche se altri come me si pongono in
			atteggiamento critico (dove per “critico” intendo
			“analitico”, non necessariamente di censura)! Mi
			domando se in molti si rendono conto della possibilità
			quasi eccessiva di scelta, di acquisto che abbiamo noi in
			Occidente, a prezzi relativamente accessibili, e se questa
			opulenza non susciti in loro una reazione di…sobrietà
			appunto, di desiderio di continenza – foss’anche –
			come accade a me - per saturazione! Contemporaneamente,
			mi torna alla mente un episodio: qualche anno fa accompagnavo un
			giovane extracomunitario ad un ipermercato perché avevo
			avuto in prestito la tessera di commerciante per acquistare quindi
			all’ingrosso, e volevo favorire quella persona che
			desiderava fare acquisti per farne dono ai suoi al suo ritorno in
			patria. In quella occasione, come in un paio di  altre simili,
			notavo la gioiosa ansia che animava quella persona, nel constatare
			che poteva realizzare i suoi desideri: guardava quel ben di dio
			di oggetti i più vari e gioiva per poterli fare suoi per
			farne dono là, in un Paese dove non sarebbero stati
			disponibili o sarebbero stati inaccessibili per il prezzo… …allora mi dico che noi, noi inteso come Occidente ricco, abbiamo avuto tutti i lussi: adesso anche quello di poter diventare sobri. Nel nostro caso, per scelta (per considerazioni etiche, per riflessioni sulla sostenibilità del pianeta, sulla non infinita durata delle risorse e così via) Per scelta appunto(una ulteriore possibilità di scelta). Non per costrizione.. 
 Germana Pisa 
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