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Esiste il caso?

 

 

La selezione naturale opera su mutazioni fortuite, accidentali, di una struttura già dotata di invarianza, cioè in grado di conservare queste mutazioni e quindi di inscrivere il caso nella propria struttura. ( Jacques Monod. Premio Nobel per la medicina  nel 1965)

 

L’eguaglianza assoluta in natura non esiste, due gocce d’acqua non saranno mai uguali, l’eguaglianza esiste solo nella teoria quando diciamo che A = B. Ma cosa c’entra l’eguaglianza col caso? In linea di massima le probabilità che un evento particolare succeda sono eguali, per esempio che un fulmine colpisca una persona in costume da bagno (A) su una spiaggia. Eppure accade che colpisca A e non B o C o D.  L’uomo è portato a credere che ogni vento abbia necessariamente un perché, ma non potrebbe essere che qualcosa accada senza un perché, così, per caso? Che il fulmine doveva cadere lì e disgraziatamente qualcuno si trovava proprio lì, per caso?

A prima vista, il caso ha tutte le caratteristiche della circostanza fortuita, ma ad una analisi più attenta assume le sembianze dell’avvenimento imprevisto che si trova all’apice di una piramide di altri eventi che hanno contribuito affinché esso si verifichi: se così fosse, nulla sarebbe meno casuale del caso. Vorrebbe dire che tutto è accaduto in funzione del vertice della piramide. Possibile? Tutto è possibile, ma pensare che esista un’intera piramide predeterminata alla base di un solo evento sarebbe eccessivo pensarlo anche se a volte può fare piacere crederlo. È più plausibile ritenere che l’avvenimento imprevisto si possa sì trovare all’apice di una piramide, ma di  eventi esiti di altrettanti avvenimenti imprevisti. In questo caso sarebbe possibile asserire che il nostro avvenimento imprevisto sia la conseguenza di una serie di avvenimenti casuali e che quindi sia anch’esso casuale. Autoconvincimenti, motivi e prove costruite ad hoc per credere che esista una predeterminazione nel susseguirsi degli eventi non mancano mai, è connaturato alla natura dell’uomo pensare che essi accadano per cause precise e determinate e che in un certo modo tutto sia stato prestabilito e faccia parte di un grande ed unico disegno universale, tutto in barba del libero arbitrio. La superstizione impera, se così non fosse non si spiegherebbe l’incessante ricorso alle pratiche apotropaiche di maghi e fattucchiere e ai responsi di indovini, cartomanti, oroscopi e veggenti di ogni sorta. In proposito suggerisco due interessanti ed istruttive letture: “Pensieri sulla cometa” di Pierre Bayle e “Lo zodiaco della vita” di Eugenio Garin.

Il caso ha a che fare anche con la fortuna che in latino oltre che con fortuna-ae si traduce con casus-i e sors-sortis. Il caso quindi come la fortuna e la sorte può presentarsi favorevole oppure sfavorevole. Con ciò non è detto che il termine fortunato sia sempre da considerarsi in senso positivo, anticamente infatti aveva un’accezione negativa, un esempio che è rimasto con lo stesso etimo è la parola fortunale che indica un mare burrascoso.

Il termine “caso” affolla i nostri discorsi, quante volte abbiamo detto e sentito dire l’ho visto, l’ho incontrato, l’ho letto, l’ho trovato, l’ho aperto, l’ho schivato, per caso? Scusate la paronomasia, ma al caso non ci si fa più caso! Eppure nonostante ciò, spesso per le stesse persone che affermano di aver fatto qualcosa per caso, esso non esiste.

Possiamo dire che la nostra vita è segnata dal caso?

No, se riteniamo valida la prima  ipotesi postulata, sì, se riteniamo sia valida la seconda.

Allora cosa possiamo dire? Possiamo dire che esistono due correnti di pensiero ed anche nello stesso ambito non è ben chiaro quale delle due prevalga: Ivar Ekeland, illustre matematico membro del “Centre de recherche mathématiques de la décision” nel suo saggio “A caso” scrive a pag. 33, riferendosi alla meccanica quantistica: “ La teoria si presenta come un dittico, la cui prima tavola è puramente deterministica.” E più avanti, sempre nello stesso capitolo a pag. 36  “ Siamo dunque ridotti all’idea che il caso che interviene nella meccanica quantistica non sia riducibile ad un sottostante determinismo. (…) è dunque il caso che sembra essere il dato fondamentale, il messaggio ultimo della natura.”  E qui concorda con quanto asserisce Monod. Riuscire a stabilire quale delle due idee sia quella che più si avvicina alla verità è cosa molto ardua anche se in campo scientifico sembra prevalere la seconda. In questo caso, come in altri passati e futuri, sottoposti ai lettori, lasciare la risposta al singolo ritengo sia la cosa più saggia. Come sempre il dibattito è aperto a tutte le persone di buona volontà che vogliano intervenire.

 M.B.





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L'accento di Socrate