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Il cuore in valigia




Io sono uno di quelli

che si portan la nebbia nel cuore,

perché nella nebbia son nato,

ho vissuto, mi ci sono perduto,

e le ore migliori son quelle

con pochi splendori,

i momenti più belli

non sono nel sole,

ma quelli vissuti di notte:

le case diventano

ombre maestose, le aiuole

giardini, i vicoli son labirinti

di piazze, di strade

con gialli lampioni

che in brume anche rade

indagano affanni,

emozioni, rivelano

dolci segreti, i giorni

più lieti son notti,

giocattoli

rotti diventano

doni.

Io sono un soprabito spento,

un suono

nel vento lontano,

in tasca la mano richiusa

in un pugno di piume,

la vasca

del fiume una chiusa,

ricordo di fossi e navigli,

i figli mi guardano strano,

la mano si apre uscendo

dal grigio pastrano,

la tendo mostrando

una perla, una lacrima

brilla lontano.

Io sono uno di quelli

che sembrano sempre partire,

in mano un’eterna valigia,

la giacca un po’ grigia di polvere

e fumo, di nebbia

e schiuma di mare.

Io sono di quelli

che sembran lasciare

la terra nativa ogni giorno,

e ogni treno che arriva e che parte,

si stanno in disparte sperando

un ritardo,

in tasca una lacrima,

un grano di sabbia,

un nero cappotto macchiato

di rabbia e duelli.

Io sono di quelli che sembrano

appena tornati, eppure in realtà

il cuore è rimasto attaccato

alle scarpe e all’amore

per questa città.

E non ce ne siamo mai andati.

Davide Zardo

(Aprile 2023 - Tutti i diritti riservati©)



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