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Quello che la poesia dice: intervista a Valentina Tagliabue


Ho letto la silloge poetica di Valentina Tagliabue “Di fuoco e di Nebbia” ed. Aletti e la reazione è stata quella che scaturisce quando sei di fronte alla vera poesia, quella che sa colpire il profondo dell’anima. Valentina ha ventidue ma una ricchezza spirituale, ideativa e produttiva molto ricca: mi sono stupita. Proseguendo la lettura mi sono resa rendo conto come in lei vivano gli opposti: infanzia e età adulta coesistono armonicamente. Ma ora lascio la parola alle sue risposte davvero interessanti.  

 

Valentina, la poesia in poche parole dice l’immenso che c’è dentro, e fuori, di noi. Sei d’accordo? E se no spiega la tua idea.

Forse la poesia dice molto e non dice nulla. Celebra, racconta, rafforza, ispira, aiuta il progredire dell’anima da buona arte qual è. Constata uno stato di cose e cerca di protendersi verso l’Altro, verso qualcosa di più elevato. Anche se una poesia che colga davvero l’immenso devo ancora leggerla…ma forse questo è qualcosa di talmente vasto ed epifanico che solo pochi possono sperimentarlo. Tuttavia non è un modo per dire “non sono d’accordo”, anzi: condivido che la poesia sia un buon tentativo umano di esprimere la sottile complessità dell’essere, dell’Esistere, e quindi di ciò che di più vivo e magnifico si manifesti all’interno e all’esterno di chi utilizza questa particolare lente per guardare il mondo. Scriverla può essere illuminante, e leggere una buona poesia riaccende il fuoco sacro nascosto dentro di noi. Ci mette in comunione con la vastità delle cose.

Ricordi in quale momento hai avvertito il desiderio di scrivere poesie?

Sono cresciuta circondata dai libri e da una madre che amava leggere e comporre anch’essa poesie. Avevo ottima memoria e all’asilo imparavo tutte le filastrocche, libri e rime venivano letti ad alta voce e già da piccolissima ho provato amore per il lirismo. All’età di cinque anni ho deciso di scrivere la prima canzoncina sui numeri, e dalla prima elementare ho iniziato a raccontare in versi quello che succedeva alle mie giornate e al mio animo. Più tardi, naturalmente, la poesia si è staccata dalla mera narrazione.

È più naturale per te scrivere in poesia o in prosa?

Ora faccio l’immodesta: penso che mi venga naturale scrivere, in sé per sé. È il modo in cui realizzo le mie potenzialità. Il mio primo linguaggio è senza dubbio quello poetico, ma ho imparato che la prosa ha le sue possibilità e perciò oggi la utilizzo quanto la poesia, infatti sta per uscire il mio secondo romanzo. Prosa e poesia esprimono cose diverse, sono il vino e la birra, l’arco e la spada, il riso e il pianto: fanno parte della varietà artistica e sarebbe un peccato precludersi delle strade. Ciò che ancora ho approfondito poco è invece il racconto o il saggio breve. 

Ogni essere umano con la sua produzione “scrive” il mondo: poesia, pittura, scrittura musica… Tu che rapporto hai con le tracce che lasci? (attraverso la tua scrittura poetica e letteraria)

Mi piace pensare di aver creato una risonanza, di aver fatto vibrare qualche petto, aver dato il la a qualche pensiero o emozione. Mi piace che persone di luoghi e tempi lontani possano approdare alle pagine che ho scritto, trovarci forse ispirazione o ricchezza. Non mi interessa che si ricordino di “me”, con questa faccia e nome e cognome. Certo, sono felice che mi venga riconosciuta l’importanza di questo compito, che mi si aiuti e protegga mentre lo svolgo. Ma non sono che una delle tante scintille che accendono la notte. Trovo le stelle molto belle da guardare, anche se non conosco i loro nomi. 

Leggendoti avverto la purezza dell’infanzia e la maturità dell’adulta che convivono. Lo sapevi? E se sì, cosa ne pensi?

È interessante che tu l’abbia colto! È una diatriba che si agita in me da sempre. Riunire in sé due polarità è difficile lungo tutto l’arco della vita, ma ancor più ingestibile quando si è ragazzi: le nostre risorse sono ancora in formazione; sopportare queste correnti è davvero complicato senza un aiuto esterno. Penso sia questo il motivo per cui molti artisti sviluppano personalità controverse, perché non hanno retto al frangersi degli opposti. Ma penso anche che ciò ci offra più di un punto di vista al tempo stesso, che possa essere un’opportunità di completezza spirituale. Del resto, l’albero ospita frutti maturi e frutti acerbi al contempo, a seconda del ramo su cui sono cresciuti, dell’ombra e del sole, dei fattori interni ed esterni. E per me l’albero è un essere estremamente armonico.

Chi è Valentina Tagliabue:

scrittrice e poetessa lombarda, ha ventidue anni e compone poesie da quando ne aveva cinque. È stata premiata fra i primi posti in numerosi concorsi letterari nazionali e internazionali, negli ultimi anni si è dedicata anche alla narrativa pubblicando nel 2009 il romanzo fantasy Cronache di un mondo a parte, Zephyro edizioni, scritto all’età di14 anni. Nel 2011 vince il concorso “Città di Monza” e pubblica la raccolta di liriche Selva di luce, ed. Montedit. Nel 2012 esce la sua terza raccolta Di fuoco e di nebbia, ed. Aletti. In uscita il suo nuovo romanzo "Grammaphagus", Zephyro edizioni. Info su tutta la sua produzione nel sito personale:  www.valentina-tagliabue.it

Maria Giovanna Farina presidente dell'associazione culturale L'accento di Socrate

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