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Federico Sollazzo si racconta:

Ho conseguito la Laurea in Filosofia con lode nel 2003 presso l'Università Roma Tre (Tesi: La concezione marxiana del lavoro alienato e il libero gioco delle facoltà umane in Marcuse). Presso la medesima Università ho conseguito nel 2007 il PhD in Filosofia e Teoria delle Scienze Umane (Tesi: Tra totalitarismo e democrazia: la funzione pubblica dell’etica). Durante lo svolgimento del dottorato ho ricevuto la nomina di Cultore della Materia ed ho così iniziato a tenere lezioni di supplenza ed a svolgere esami di profitto. Al termine del PhD ho proseguito l'attività di Cultore ed ho ricevuto due Borse consecutive per svolgere attività di tutoraggio per le matricole. Nel frattempo mi è diventata evidente la situazione di stagnazione non solo presso l'Università Roma Tre, ma in Italia in generale. Questo, da una parte, a causa dei continui tagli di investimenti che l'Italia opera verso l'Università – nei confronti delle Facoltà umanistiche in particolare, paradossalmente operati proprio da uno dei Paesi umanisticamente più importanti nel mondo, in omaggio allo slogan tanto sbagliato quanto rozzo che "con la cultura non si mangia" –, e dall'altra, perché i rimanenti fondi vengono gestiti da gruppi di interesse (non lo scopro certo io), sicché la prima preoccupazione per una carriera accademica non è un qualche aspetto di natura scientifica ma diventa come penetrare in tali gruppi, attività che non mi ha mai affascinato. Pertanto, dopo aver continuato a lavorare come Cultore anche per circa due anni dopo il termine delle Borse di cui sopra, ho iniziato ad inviare curricula all'estero.
A cavallo tra il 2009 ed il 2010 avevo stabilito un primo contatto, che sembrava poter diventare proficuo, con la Indiana University (IU - USA) e con la Canterbury University di Christchurch (UC - Nuova Zelanda), potenziali destinazioni che mi stimolavano ma non mi convincevano per la troppa distanza. Proprio in quel momento fui selezionato per una posizione di Ricercatore PostDoc presso l'Università di Szeged (SZTE), Seghedino in italiano, Ungheria. Presi servizio nel settembre 2010. All'inizio mi era richiesto solo di lavorare alle mie ricerche e di produrre testi; specifico che mi è data la possibilità di lavorare completamente in inglese, cosa sulla quale tornerò. Oltre che per questo, utilizzai il primo anno per conoscere l'ambiente e i colleghi. Fra le altre cose mi colpì che nessuno, a differenza che in Italia, mi chiese con "chi" avessi studiato, domanda che generalmente significa, chi è il tuo sponsor?, ma si "accontentarono" semplicemente di prendere visione del mio CV e della lista delle pubblicazioni (en passant, molte delle quali sono disponibili online). Dal secondo anno in poi mi vennero affidati dei corsi, uno istituzionale e uno o due a semestre facoltativi (free course). A proposito di tali corsi vorrei fare due ordini di osservazioni: in generale sull'università e in particolare sull'ambiente di lavoro interno al dipart. di Filosofia. In generale: l'Università di Szeged ha avviato da qualche anno a questa parte un progetto di innovazione didattica per offrire tutti i Corsi di Laurea in inglese e/o francese. Questo al fine di attrarre studenti stranieri. Per questo io ho l'opportunità di tenere i miei corsi in inglese. Al momento i miei sono gli unici corsi in inglese presso il dipart. di Filosofia (ve ne è poi uno in tedesco tenuto da un collega ungherese); tali corsi sono rivolti sia agli studenti ungheresi – uno (quello istituzionale) è obbligatorio una volta, ripetibile fino a un massimo di tre, gli altri facoltativi – che agli Erasmus. Il progetto per il futuro, come dicevo, è di rendere tutti i Corsi della Facoltà di Lettere erogati in inglese e/o francese. Facendo un rapido parallelo con l'Italia, si può facilmente osservare come non ci sia una tendenza in tal senso; vero è che l'ungherese è internazionalmente meno parlato dell'italiano, e tuttavia un'internazionalizzazione dell'università italiana non credo farebbe male alla stessa, anche alla luce del fatto che altri sistemi universitari si stanno organizzando in tal senso e il sistema italiano rischia così di rimanere al margine, piccola prova ne sia che l'anno scorso non riuscii a stabilire una relazione Erasmus fra l'Uni. di Szeged e Università italiane, perché tutte quelle a cui mi rivolsi mi dissero che i corsi per gli Erasmus venivano erogati in italiano, mentre il dipart. di Filosofia di Szeged desiderava stabilire relazioni con chi erogasse corsi in inglese e/o francese, come avviene in buona parte d'Europa e come avviene infatti nelle relazioni che il suddetto dipart. ha con una trentina di Università europee sparse in una decina di Paesi. In particolare: il corso istituzionale mi è stato proposto dopo aver monitorato per un anno il mio lavoro, quelli facoltativi li ho proposti io e sono stati subito accettati, il tutto senza problemi amministrativi, colleghi che si sentano minacciati o invidie professionali. Non dico che tali elementi non esistano (e non nego i problemi politico-sociali da cui l'Ungheria è oggi attraversata, che anzi ho già denunciato in alcuni articoli giornalistici), ma l'ambiente di lavoro è mediamente più sereno di quanto io mi ricordi dei corridoi dell'accademia italiana. La risposta degli studenti è buona, le iscrizioni ai miei corsi in graduale aumento di semestre in semestre. Parallelamente a questo inserimento presso l'Università di Szeged, dove peraltro ho recentemente iniziato a collaborare anche con il dipart. di Letterature Comparate, ho poi avuto una collaborazione (un Corso elettivo) con l'Università Corvinus di Budapest e ho partecipato a diversi Convegni internazionali, in Ungheria, Rep. Ceca e Romania. Ora, mi chiedo come sia possibile che il mio profilo venga ritenuto adeguato per lo svolgimento di tali attività mentre in Italia non riuscii ad avere nulla più che la posizione di Cultore della Materia, e mi chiedo anche come sia possibile che una volta avviate tali attività all'estero, il mio lavoro sia improvvisamente diventato di un qualche interesse anche in Italia, da dove da quando sono a Szeged ricevo proposte di cooperazione (per pubblicazioni su riviste, convegni, conferenze...). Perché bisogna andarsene per non essere invisibili, e poi magari affrontare tutto l'iter del rientro? Ammesso e non concesso che poi si voglia rientrare. Non ho infatti risentimento verso il sistema universitario italiano, ma "semplicemente" una considerazione non lusinghiera e una valutazione non rosea per il suo futuro: al momento infatti la formazione che viene offerta è ancora di buona qualità, ma se il metodo di reclutamento del personale docente è non meritocratico, il che causa la contemporanea migrazione di molti giovani e promettenti elementi all'estero, il sistema universitario italiano è destinato a degenerare in tempi rapidi. E che non si usi la scusa della cooptazione. Infatti, il metodo ufficiale e legale di reclutamento in Italia non è quello della cooptazione, dunque, o la si introduce ufficialmente e legalmente, come è ad es. nel sistema anglosassone, con tanto di sanzioni per il cooptante se il cooptato si rivela essere di scarsa qualità scientifica, o ci si attiene a quella che è la metodologia in vigore. Riassumendo, lavoro all'università di Szeged dal 2010, dopo laurea e PhD presso l'università Roma Tre (nel settori scientifici di Filosofia Morale e Filosofia Politica). La posizione che ho a Szeged è quella di ricercatore Postdottorato con affidamento di Corsi, insegnando in inglese. Pur trovandomi bene, la scelta di andare all'estero non è stata libera ma forzata dalle condizioni del sistema accademico italiano (l'ipotesi di rientro nel quale mi lascia molto perplesso ora che sto sperimentando un sistema che, pur nella scarsità economica, è corretto nel suo modus operandi). Mi fa particolarmente piacere il fatto che il mio approdo a Szeged non sia stato dovuto a nessuno sponsor (non conoscevo nessuno quando ho ottenuto la posizione e mi sono trasferito) e che da quando vi ho preso servizio ho stretto piacevoli conoscenze e amicizie con vari colleghi trovando un ambiente aperto che mi ha permesso non solo di inserirmi presso il dipart. di Filosofia (dove, en passant, il vice direttore ha appena qualche anno in più di me) ma anche di avviare collaborazioni con altri dipart.ti e università. Quanto ai miei interessi di studio, sono a disagio nel definire un portafoglio di autori, dato che ho sempre avuto un'impostazione per temi anziché per nomi – i nomi poi mi si delineano spontaneamente seguendo i temi. L'argomento centrale per me, in breve, sono i meccanismi, non direttamente politici quanto culturali e coscienziali, di produzione della società contemporanea: i cambiamenti nella concezione e nell'uso del potere dall'illuminismo ad oggi, la parabola dei diritti, la cultura di massa, la transizione dalla società capitalistica a quella tecnologica, l'impatto che tutto ciò ha sull'umano determinando una vera e propria mutazione antropologica. Gli autori poi emergono e si strutturano in funzione di questi interessi; in breve: prima Scuola di Francoforte – Adorno, Horkheimer, Marcuse, Benjamin – Arendt, Foucault, Pasolini. So che in Italia, dove è data molta importanza alla costruzione di un portafoglio di autori, questa impostazione può essere penalizzante. Tuttavia, l’"ansia da portafoglio" mi farebbe sentire più un aziendalista del sapere che un libero studioso.


Sito personale, “CriticaMente” http://costruttiva-mente.blogspot.com contenente anche il curriculum vitae e la Lista delle Pubblicazioni: http://costruttiva-mente.blogspot.it/p/curriculum-vitae-e-lista-delle.html


Pagina dipartimentale: http://www2.arts.u-szeged.hu/philo/Image/sollazzo.htm



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