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Un uomo e la sua arte: Giulio Belloni, scultore

 

Io credo che chi sa esprimere qualcosa attraverso una qualsiasi arte sia fortunato, più di noi, comuni mortali che sappiamo semplicemente canticchiare una canzonetta, fare un disegno ai nostri bambini, impastare un pupazzetto col pongo. Mi riferisco infatti a chi con la voce, con la matita o con le mani, ma soprattutto con il cuore, riesce a creare. A creare qualcosa che resta e lascia il segno in chi ha potuto ammirare. A creare qualcosa che sta a significare un pensiero, un desiderio, una aspirazione. L’artista, personaggio fortunato quindi, e spesso non capito. L’artista sempre considerato stravagante, forse lo è, a me pare anche persona intensa, ricca, ma anche bisognosa di solitudine. Se è così lo chiedo a Giulio Belloni, classe 1937, che vive e opera a RHO (MI). Professore di Costruzione di Macchine, già Ordinario al Politecnico di Milano, scultore.

D. Le sue opere sono, salvo sculture commissionate, …. quasi tutte a casa sua, perché per lui è difficile staccarsi da quelle che possiamo considerare le sue creature. Come mai? Quale è il motivo che rende evento doloroso il distacco?

R. La realizzazione di un’opera passa attraverso numerose fasi: dall’idea iniziale, che può essere suggerita da una forma che cade sotto lo sguardo, ma che più spesso sorge nella mente per un inspiegabile processo conoscitivo di relazioni e di sentimenti. Il momento più coinvolgente è quello in cui si cerca la forma della scultura con partecipazione diretta dell’occhio e della mano, come capita quando si lavora la creta; più spesso invece il processo di gestazione è più lungo e passa attraverso il disegno, con le sue numerosi varianti, dalla traccia della matita sul foglio alla modellazione solida con programmi di calcolo, al disegno definitivo, al passaggio alla materia finale che sovente costituisce il punto di ingresso nel processo conoscitivo della ricerca artistica. La ragione di ciò sta nel fatto che ogni materia esige la propria forma ed ogni forma nasce per una sola materia; anche se nei passaggi intermedi si può impiegare una materia diversa da quella finale, la forma deve essere studiata per trovare la sua vita nella materia finale. Questo processo, descritto brevemente, è in realtà la parte più coinvolgente della creazione di un’opera. Quando la forma ha raggiunto il suo traguardo, cioè l’opera è finita, si conclude anche il processo di unione fra l’operatore e la materia. In seguito l’opera rimane lì e poterla vedere per lungo tempo costituisce spesso lo stimolo per cercare variazioni o miglioramenti e nuovi stimoli; forse sta qui il desiderio di non privarsi delle opere concluse.

 D. Parlavo di solitudine, il momento della creazione o dello studio di un lavoro è un momento in cui l’artista è solo; succede semplicemente per bisogno di concentrazione o c’è un motivo più profondo, interiore, quale il bisogno di essere solo con se stesso, isolato dal mondo ?

 R.I momenti in cui si cerca la forma esigono concentrazione e a volte si ha l’impressione di uscire dal tempo, nel senso che questo passa senza averne percezione; non è quindi una necessità avvertita e razionalmente perseguita, ma un situazione cui si giunge senza volerlo, coinvolti nel processo conoscitivo che congiunge l’azione alla materia, questa infatti rischia di rimanere senza vita se non trova la piena partecipazione dello spirito.

Conviene analizzare più a fondo questa fase: l'espressione artistica è l’unione del vero, che riguarda l’ordine logico della conoscenza, con il reale, che interessa la sfera ontologica dell’essere. Questa è la posizione classica dell’arte nell’ambito della quale la scultura è la forma più semplice, diretta e intuitiva della rappresentazione del reale: la ripetizione della cosa attraverso la conoscenza e la memoria conseguite dall’intelletto. La materia è il mezzo che permette di fissare nell’opera il momento dell’unione. Lo scultore è colui che scopre la verità trascendente nell’interno della materia che contiene potenzialmente l’idea. L’attuale conoscenza del reale, dilatata dallo sviluppo delle scienze fisiche, non si limita più alle forme percepite dai sensi, ma può spaziare dalle strutture dell’infinitamente piccolo a quelle dell’intero universo in espansione. Nella fisica moderna si va affermando il principio antropico secondo cui le leggi fisiche sono tali perché nella loro forma sono comprensibili per l’uomo; più precisamente “la comprensibilità dell’universo è dovuta all’esistenza dell’uomo che ha la capacità di comprendere e vuole comprendere” (F.L. Zhi, L.S. Xian, La crezione dell’universo. Garzanti, Milano, 1960).


In questa prospettiva l’artista ha davanti a sé un campo sterminato da cui attingere idee e forme, per descrivere il reale attraverso la conoscenza intuitiva propria dell’arte. Egli trova nel disegno, che è meditazione dell’idea e mediazione fra la cosa e l’opera, uno strumento di grande potenza. Egli, con questo mezzo, può descrivere l’opera in modo assai efficace e chiamare altri a collaborare alla sua realizzazione. In questo senso il disegno è anche mezzo per attuare il processo di complessità-coscienza che Theilard de Chardin vede evolvere nella noosfera, lo stato sottile e pensante che avvolge la nostra Terra. “Pensare il mondo non significa solamente registrarlo così com’è, ma conferirgli una forma di unità che gli sarebbe mancata se non fosse stato pensato” (nota del comitato di redazione all’opera: Il fenomeno umano. Il Saggiatore di A. Mondadori. Milano, 1973). Infine la conoscenza tecnologica permette di utilizzare liberamente i mezzi e i materiali disponibili, per attingere la forma più vicina all’idea del reale che si è formata nella mente dell’artista.

 D.Quanto il suo profondo senso religioso ha influito e continua ad influire nella sua vita artistica? Glielo chiedo perché molte sculture ritraggono figure religiose o momenti legati alla Fede

R. Creare opere che esprimano la fede richiede un impegno assai gravoso perché è difficile attingere a forme che possano rivelare una profonda partecipazione; realizzare un Crocefisso è quasi impossibile: tutte le volte vorresti ricominciare daccapo e quello che hai appena finito ti sembra che non dica nulla. forse è per questo che ho tentato tante volte e sempre mi viene il desiderio di ricominciare prendendo spunto da un tronco con due rami divergenti, da un blocco di argilla con una forma evocativa fino alla ricerca condotta con blocchi estrusi in una modellazione solida al calcolatore.

 D. Giulio Belloni lavora il legno, ma anche bronzo, acciaio, terracotta, materiali tanto diversi tra loro, quale è il motivo per cui a volte sceglie un materiale a volte un altro?

A noi profani sembra di poter dire che il legno si offra facilmente alla creazione, con la sua morbidezza, le sue forme naturali, le sue nodosità. I metalli possono apparire più aspri e difficili….. Quale materiale sente rispondere meglio alla sua domanda?

R. Come ho già detto ogni forma nasce per essere realizzata in una sola materia: quell’idea può realizzarsi solo in quella materia, altre volte è la materia a suggerire la forma da ricercare dentro di essa. Il grande Michelangelo esprimeva benissimo questo pensiero

 Non ha l’ottimo artista alcun concetto

C’un marmo solo in sé non circoscriva

Col suo soperchio, e solo a quello arriva

La man che ubbidisce all’intelletto. (M. Buonarroti, Rime. A cura di E. N. Girardi. Bari 1960)

L’idea nasce già legata alla materia che può realizzarla, se non è così nell’opera finale si percepisce un’intima dicotomia, fra materia e forma, che non sfugge all’osservatore esperto.

 D. Ed ora parliamo del suo pensiero, è dalla Preistoria che l'uomo ha avuto il bisogno di esprimersi attraverso disegni e forme, cosa la spinge verso un lavoro piuttosto che un altro? Dove nasce in primo luogo una scultura, nel cuore, nella mente? Cosa vuole trasmettere con le sue opere, quale messaggio a chi ha o avrà la fortuna di vederle?

 R. Il lungo discorso proposto sopra comprende anche la risposta a questa domanda: se l’opera ha la fortuna di esprimere la sua origine, cioè il momento di unione fra il reale e il vero, essa risulta buona e bella e riesce a comunicare all’osservatore, si direbbe meglio al fruitore, la sintesi di quel contatto.

 D. Ha importanza o è ininfluente il giudizio altrui, la segnalazione di un critico, un premio ricevuto, di fronte alla soddisfazione del lavoro compiuto? Cosa prova l‘artista a lavoro terminato?

 Quando l’opera è finita, cioè ha trovato la sua forma, per l’artista il processo conoscitivo è terminato; resta l’oggetto prodotto e si spera che esso possa coinvolgere altri, suscitando ulteriori motivi di approfondimento, che forse non sono stati percepiti dall’autore. Il giudizio altrui è di poco peso, se è benevolo risulta gradito, ma penso che non influisca sulla ricerca di nuove esperienze conoscitive.

  D. Chi volesse vedere qualche sua opera pubblica dove può trovarla?

Cito alcune opere

 Monumento AVIS. 1977. Granito e bronzo 250 cm x 160 cm (h) x 130 cm, davanti all’Ospdale di Rho.

 Resurrezione. 1981. Tomba famiglia Sommaruga. Granito 300 cm (h). Cimitero di Rho Capoluogo.

 Cristo risorto. 1999. Tomba Famiglia De Chiara. Acciaio inossidabile 220 cm (h). Cimitero di Milano Musocco.

 Cristo Crocifisso. 2009.Tomba famiglia Romano. Acciaio inossidabile 160 cm (h). Cimitero di Villa Maina, Avellino.

 Giuliana Pedroli




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