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8 marzo: il paritismo è possibile



L’8 marzo è la festa della donna, un giorno in cui festeggiare unite al di là delle singole appartenenze politiche, religiose, sociali: un giorno simbolo di un intero anno di solidale collaborazione. Per questa ragione deve essere un momento anche di riflessione sul paritismo che si conquista non solo con gli slogan e con la guerra ai maschi, ma con la volontà di dimostrare che le donne hanno un valore fondamentale per il vivere sociale. Qualcuna potrebbe subito obiettare: “E già, noi dobbiamo sempre dimostrare!”, sì, in parte è vero, però non fermiamoci al luogo comune che come tutti i luoghi comuni non conduce ad una riflessione utile alla comprensione e alla realizzazione del paritismo. Il paritismo è riconoscere da entrambe le parti l’esistenza di una reale parità dei diritti e dei doveri, a partire, e ciò è imprescindibile, da quella intellettuale: se ci fermassimo alla parità sessuale sarebbe una conquista limitata. Il maschio, per natura e per cultura, per dimostrare ha soprattutto necessità della potenza sessuale, mancando la quale va subito in crisi di identità, la femmina invece deve dimostrare di non essere “bella e oca”, comprendiamo subito che ciò per essere svelato necessita un cambiamento di piano: dagli organi genitali ci si sposta alla mente. Questa è la ragione per cui quando una donna deve dimostrare ha più difficoltà, lei deve far muovere qualcosa che presuppone studio, preparazione e riflessione: molto più complicato e soprattutto più faticoso. Non si può sfuggire da questo stato di cose per cui accanirsi contro maschi maschilisti, fautori dell’oggettualizzazione del corpo femminile e del suo mercimonio non è sufficiente e non induce loro a cambiare modo di pensare: quel tipo di maschi continuerà a deridere, non solo alle spalle, di chi li addita. Sono le donne a dover uscire dalla mentalità fallico-centrica, quella visione delle cose che riconosce nel maschio il principio di suprema autorità. Ci sono ancora purtroppo molte donne cosiddette emancipate che pur essendo colte e capaci hanno la necessità, a volte inconsapevole, fortemente incistata nel loro più profondo ed intimo essere, del riconoscimento di un uomo, anche se è inferiore per competenza ed erudizione, che legalizzi il loro operato culturale e progettuale. Solo uscendo definitivamente dalla logica dell’approvazione legalizzante una donna può essere paritista e combattere in nome del paritismo. Con buona probabilità trovandosi di fronte ad una donna che respinge tale approvazione e non baratta il proprio corpo ma neppure la propria mente per un gradino del successo, allora i maschi inizieranno a mettersi in discussione. Ciò presuppone una riscatto totale dallo stereotipo della necessaria legalizzazione maschile, preconcetto dal quale ci si può liberare magari partendo dalla considerazione che un grande filosofo come Socrate fu iniziato alla filosofia da una donna: Diotima di Mantinea.

Maria Giovanna Farina

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L'accento di Socrate