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LA VIOLENZA DEL SILENZIO


Il silenzio non è solo spazio di percezione della propria anima, riflesso di emozioni, sensazioni profonde del proprio io, ma è anche smarrimento; può diventare vuoto e abisso di profondità che annullano la propria esistenza e il proprio essere, inarrestabile vortice nel nulla.


Il silenzio è, infatti, condizione sine qua non, anche dell'omertà che dilaga rico-prendo il genere umano con fatti o atti delittuosi taciuti. Un intreccio di comporta-menti psicologici, a cui sottende la paura, incentrati sul dominio e la soggezione; la supremazia è determinante nel ruolo e nell'imposizione del silenzio.

Dovremmo realizzare che "Vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre." (cit. O. Fallaci, giornalista) ma la strada che conduce a concretizzare un impegno così profondo, imbrigliando i propri limiti evidenti e inopinabili, è contorta e sfocia talvolta nell'utopia.


Le stesse leggi appaiono a volte del tutto contraddittorie quando sembrano discreditare la vittima e dare potere ai trasgressori. Nella società, poi, sono evidenti i meccanismi che portano ad occultare attivamente atti illeciti.


Numerosi fatti di cronaca vedono protagoniste persone che ricoprono ruoli di responsabilità sociale così come dimostrano i numerosi casi inquietanti di abusi perpetrati su bambini dalle loro insegnanti. Le vessazioni mutilano gli infanti anche tra le mura domestiche dove inevitabilmente la relazione, impostata su un innaturale squilibrio di potere, è di dipendenza e fragilità affettiva.

Sottomissione è il perno dello squilibrio. Timore è la frusta dell'anima violentata. Omertà è il brivido pungente della pelle, scavata da lame taglienti, è la gabbia psicologica e culturale, trincea di paure e vergogne che dilaniano sicurezze e speranze. Il "mostro" divora nelle stesse vesti le donne, succubi di una follia senza fine che le lascia spesso sole e inascoltate dentro un muro d'indifferenza.

L'annientamento della propria dignità serve ad implementare la paura e a volte si finisce per definire normalità la bestia che governa nascosta il cuore.


Le ferite sono profonde e durature, solco di sofferenze silenziose. Parlare e informare sono gli unici strumenti per la prevenzione e la protezione, evitando le distorsioni del sensazionalismo che permeano i media in un dilagare agghiacciante di notizie a volte senza volto. In tale scenario la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sembra essere più un sogno che una realtà e mentre si afferma l'indiscutibile diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona, si raccolgono dati raccapriccianti in Afghanistan, Brasile e Uganda. Bisogna lottare affinché il grido silente varchi i confini e rimanga ascoltato. Sostenere le vittime nel loro cammino è far si che i passi verso un futuro migliore non siano mere impronte sulla sabbia.


E se è vero che lo sguardo è la voce dell'anima, quello sguardo deve essere colto e condotto là dove possa diventare forza, senza frantumarsi in tante gocce d'anima per sempre disperse nell'immenso mare.


Maria Musicco (Mirella)

(dicembre 2015 - Tutti i diritti riservati©)


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