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Michela Marzano: la donna, il corpo e l'arma della filosofia



Dottore in filosofia e docente dell’Università Renè Descartes di Parigi, Michela Marzano è acutezza e capacità di mettersi in ascolto dell’Altro. L’intervista con uno degli intellettuali più influenti di Francia si è trasformata in un dialogo produttivo per il nostro laboratorio filosofico





Professoressa Marzano partirei dal suo libro Sii bella e stai zitta, perché l’Italia di oggi offende le donne per chiederle: è così difficile mettere in atto ciò che mi piace definire paritismo, una naturale evoluzione del femminismo?

Sì, è difficile metterlo in atto perché ci si scontra ancora con una forma di pregiudizi molto incarnati e molto presenti nella società italiana. Per quel che riguarda l’espressione paritismo come evoluzione del femminismo, sono perfettamente d’accordo. Effettivamente il discorso da portare avanti non è quello di una vendetta femminile rispetto agli uomini, ma quello di portare avanti un discorso che assicuri la parità uomo-donna non soltanto da un punto di vista giuridico, ma anche da un punto di vista fattuale, il che è particolarmente difficile oggi perché si è di fronte a un serie di vecchi stereotipi che stanno ritornando in auge e che vengono promossi da elite politiche, ma anche da alcune elite mediatiche che hanno tendenza a…

Fatto apposta?

Sì, fatto apposta per evitare che nella vita quotidiana la donna possa godere esattamente degli stessi diritti di cui godono gli uomini

Lei ha parlato in un altro libro, La filosofia del corpo, di che cosa è il corpo ed io ho spontaneamente ricondotto mentalmente la sua dissertazione all’esperienza di una bambina che ho conosciuto anoressica fin dalle elementari. Alla domanda cosa vuoi fare da grande lei rispondeva ”la velina”, secondo lei questa è la manifestazione degli stereotipi?

Sì, tanto più che poi ci sono tutta una serie di adolescenti che vanno ancora più lontano, nel senso che mischiano e vedono nella velina il modello della riuscita femminile: ce ne sono alcune che dicono “da grande voglio diventare o velina o donna politica”. C’è una confusione dal punto di vista dell’immaginario, come se l’unico modo per una donna di “riuscire” nella propria vita sia quello di utilizzare e di strumentalizzare il proprio corpo come unica modalità di accesso alla visibilità pubblica

Facendo autocritica, noi donne abbiamo commesso qualche errore? Noi donne o femmine a seconda dell’identità di genere o quella sociale, cosa possiamo rimproveraci per non aver fatto tutto, o qualcosa di più?

Credo che ad un certo punto ci siamo un po’ illuse che alcune conquiste erano state delle conquiste definitive, quindi non bisogna colpevolizzarsi, ma prendere atto che c’è stata una forma di equivoco: il credere che alcune battaglie portate avanti erano state vinte in modo definitivo, ci sono alcuni punti in cui le conquiste purtroppo non sono mai risolutive ma bisogna sempre restare vigilanti. È stato il fatto di credere che si poteva ormai voltare pagina, pensare ad altro senza rendersi conto che in realtà per evitare un ritorno indietro bisognava fare attenzione anche ai piccoli segni che forse sono stati sottovalutati. Adesso credo invece ci sia una consapevolezza da parte della stragrande maggioranza delle donne solo che quando ci sono stati i primi segnali non sono stati presi sul serio, c’era la tendenza a dire “è una minoranza, non importa, noi donne abbiamo la possibilità se vogliamo di coltivare le nostre competenze”. Probabilmente abbiamo dimenticato che con questa massiccia presenza di un corpo stereotipato, di stereotipi femminili, le più giovani avevano forse più difficoltà per capire che le loro potenzialità erano altre

Il femminismo è stata una rivoluzione, il paragone è forse azzardato, ma possiamo compararlo alla Rivoluzione francese a cui è seguita la Restaurazione: non sarà il senso di colpa per aver fatto una rivoluzione che ha favorito il ritorno allo status quo?

Può darsi che ci sia una componente del senso di colpa per aver fatto una rivoluzione, e forse anche il fatto che le persone che hanno fatto questa rivoluzione l’hanno pagata cara perché spesso portare avanti un discorso di impegno anche a livello pubblico, a livello di lotte politiche e sociali alcune volte è stato pagato a livello di vita privata. Forse c’è stata la tendenza a cercare di ridare importanza senza rendersi conto che anche a livello di vita privata le cose non possono andar meglio se la situazione più generale, quindi di immagine pubblica, non evolve

Gli uomini che non svalutano ma difendono le donne ci sono, non sono la maggioranza o forse non hanno il coraggio di farsi sentire veramente

Effettivamente si fanno sentire poco, anche se non è facile. Il consenso generale vuole che l’uomo in quanto tale per essere un uomo debba mostrare una serie di caratteri, una virilità piuttosto violenta, una brutalità, c’è la tendenza di quelli che non sono d’accordo ma tacciono per non essere marginalizzati loro stessi

Secondo lei incide l’attuale morale cattolica nella condizione femminile?

Secondo me sì, perché la presenza della morale cattolica, della Chiesa in Italia, è molto forte rispetto ad esempio di quanto non accada in Francia e la tendenza ad insistere che esiste una naturalità della famiglia, esiste una necessità biologica delle donne di procreare, di fare figli, crea la propensione a relegare le donne nello spazio della vita privata per cui anche se è un discorso diverso rispetto a quello della strumentalizzazione del corpo è però un discorso che abbinato all’immagine pubblicitaria, alla degradazione della donna, contribuisce poi alla sua relegazione

Le donne si indignano a sufficienza?

Adesso stanno cominciando, i segnali sono tantissimi

Lei ha affermato che la filosofia è un’arma potente contro chi vuole azzittire le donne, in che senso?

È un’arma potente perché l’origine stessa della filosofia è quella di avere uno spirito critico, non si tratta di dire cosa si deve o non si deve fare, ma quello di interrogarsi su quello che viene detto. In questo senso è uno strumento di decostruzione degli stereotipi e permette di aiutare ognuno di noi a poter prendere posizione rispetto a ciò che viene detto in maniera più critica. Se si pensa ad esempio a tutta l’operazione di decostruzione cartesiana, Cartesio che decostruisce e che mette tutto in discussione perché non vuole appoggiarsi sulla conoscenza che gli è stata comunicata dalla tradizione e arriva a dubitare di tutto per poi rifondare il sapere, è l’immagine stessa di quelli che sono gli strumenti della filosofia: bisogna arrivare ad avere dei punti fermi però per arrivarci

È necessario fare questo lavoro

Sì, è necessario, mettere in discussione e non semplicemente accettare ciò che viene dato

È straordinario! Cartesio è un filosofo ed un uomo straorinario…Come ultima domanda le chiedo se per lei la filosofia può “curare”?

L’espressione curare non mi piace molto, spesso quando si pensa a curare è un lenire le ferite e che la situazione torni come prima

No, io quel curare lo metto tra virgolette

Allora tra virgolette sì, curare perché permette di prendere atto degli strumenti per andare al di là. Da questo punto di vista permette di capire la situazione, ma permette anche di rivoltarsi contro quello che non si accetta


Maria Giovanna Farina






Sii bella e stai zitta, Michela Marzano ed. Mondadori





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