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Diritti d’autore e pirateria: attenti alle sanzioni!



Già nel mio articolo La rete e i malcostumi diffusi http://www.laccentodisocrate.it/Legge15.html mi ero soffermato su alcuni comportamenti previsti come reato dal nostro codice penale, ma sottovalutati nella loro gravità da molte persone che spesso agiscono incuranti delle possibili conseguenze legali a cui vanno incontro.

Nel ricollegarci a tale tema non si può non spendere qualche parola sulle sistematiche violazioni del diritto d’autore messe in atto, ogni giorno, da molte persone che illegalmente scaricano musica, film e software da internet. Un tempo la tipica violazione del diritto d’autore era fotocopiare i libri di scuola da un cartolaio compiacente o duplicare una musicassetta, ora, grazie alla tecnologia, impiegando molto meno tempo ci si può appropriare di una svariata gamma di contenuti. Il fenomeno, quindi, ha preso sempre più piede anche in fasce di popolazione che potrebbero permettersi senza problemi di acquistare il prodotto originale.

Vediamo quindi, brevemente, quali sono i comportamenti sanzionati dal nostro ordinamento e quali sono ritenuti più gravi.

La principale distinzione fatta dal nostro ordinamento è, comprensibilmente, quella fra chi fa della pirateria il proprio mestiere, quindi chi si dedica a tale attività a scopo di lucro, e chi riproduce contenuti protetti dal diritto d’autore per un utilizzo personale. Lo scopo della distinzione è quello di colpire con maggior severità chi lucra su tale attività, per questi casi, infatti, è prevista la pena della reclusione che può arrivare fino a tre anni e una multa molto salata. I comportamenti più diffusi, a cui facevo riferimento poco fa, sono, per fortuna, quelli finalizzati ad un uso domestico e personale del prodotto ottenuto in violazione delle norme sul diritto d’autore. Per tali casi non è previsto il carcere, ma ciò non toglie che ci possano essere conseguenza spiacevoli e soprattutto costose. La multa può arrivare fino a 2.000 euro ed essendo la violazione a carattere penale si aggiungono i costi dell’assistenza del legale e la spiacevole conseguenza che tale condanna compaia nel certificato del casellario giudiziale, documento che attesta la nostra fedina penale e che viene spesso richiesto nel mondo del lavoro. Inoltre, non bisogna sottovalutare che il titolare del diritto, la casa discografica ad esempio, può chiedere il risarcimento del danno per l’illecita riproduzione del contenuto protetto, con conseguente aumento dell’esborso per chi ha commesso la violazione. Il legislatore, inoltre, ha previsto ulteriori casi che si inseriscono nel mezzo fra le due fattispecie ora descritte ma che, di fatto, portano a gravi conseguenze anche per violazioni minime. La norma in questione prevede, infatti, il carcere fino a tre anni e una multa fino a 15.000 € per chi duplica, distribuisce ma anche solo detiene programmi per elaboratore (software per intenderci) non contrassegnati dal marchio SIAE a scopo commerciale o imprenditoriale. La disposizione, che a prima vista può sembrare finalizzata a colpire, come nel primo caso visto, chi commercia software piratati, in realtà comprende nel proprio ambito una gamma di situazioni ben più ampia. Infatti, poniamo il caso di un piccolo imprenditore che nella propria micro azienda, un negozio o un’officina ad esempio, utilizzi un programma informatico non originale per scrivere, fare i conti o gestire il magazzino. Questo tipo di uso del prodotto contraffatto non viene considerato personale, bensì a scopo commerciale o imprenditoriale, anche se l’azienda di fatto è costituita dal titolare e un garzone, con la conseguenza che la pena applicabile è di una severità a dir poco sproporzionata: fino a tre anni di carcere.

Spesso si agisce consapevoli di commettere una violazione ma ignorando la sanzione che si rischia e comunque sempre con una certa sicurezza che nessuno mai effettuerà un controllo e che non si verrà mai scoperti. Internet, inoltre, genera in molti un senso di libertà assoluta di commettere qualsiasi cosa con l’errata certezza che dal nostro computer di casa non verremmo mai identificati e perseguiti. Parzialmente è anche vero che i controlli sono spesso inesistenti, soprattutto per quel che riguarda il traffico internet, bisogna considerare, tuttavia, che essendo punita anche la detenzione di materiale piratato, nel caso di un’attività commerciale può essere facilmente scoperto in occasione di una ispezione e, considerato il largo diffondersi di computer e altri dispositivi portatili, anche un privato potrebbe ritrovarsi oggetto di un controllo casuale senza che esso debba necessariamente avvenire all’interno della propria abitazione. Per ciò che riguarda la diffusa ignoranza delle sanzioni previste dal nostro ordinamento, sicuramente chi commette consapevolmente una violazione dovrebbe  informarsi per il proprio interesse sulle possibili conseguenze, inoltre, anche le stesse istituzioni dovrebbero prendersi carico di istruire il cittadino o quantomeno rendere di facile reperibilità tali informazioni, sia per correttezza, sia perché già informare costituirebbe di sicuro un deterrente dal commettere tali reati.

Purtroppo la comunicazione fra istituzioni e cittadino è spesso scarsa, non ci resta quindi che affidarci al comune senso civico che dovrebbe portare a non fare ciò che è vietato e non a valutare se commettere o no la violazione in base al vantaggio ottenuto, al rischio di essere scoperti e alla sanzione prevista.

Alessandro Bonfanti


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