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Avvocati e sollicitors: due diverse filosofie a confronto

Un viaggio tra le periferie londinesi per conoscere la vera realtà


Mi è capitato recentemente di fare un viaggio nella capitale inglese e fra le infinite cose che ci sono da vedere mi è caduto l'occhio su una in particolare: gli studi legali!

Ho visitato anche i musei, intendiamoci, ma quando sulla strada per tornare all'ostello, ormai lontano dagli scintillanti negozi del centro colmi di turisti, ho visto sull'insegna sgangherata di un negozietto mono-vetrina la scritta “sollicitor” e sono rimasto un po' sbigottito. Credevo che gli uffici degli avvocati inglesi fossero tutti in uno di quei grattacieli della City con vista sul Tamigi, di certo non mi aspettavo di trovarli anche in periferia, fra un fast-food indiano che vende pollo fritto al curry 24 ore al giorno e un negozio di abiti usati. Da quel momento ho prestato più attenzione al fenomeno e mi sono reso conto che quello studio legale non era isolato e capitato lì per caso, ma a Londra gli studi legali “su strada” sono una realtà diffusa.

Si presentano come dei negozietti con una o due vetrine, con qualche sedia di plastica per l'attesa all'ingresso, un divisorio di cartongesso per delimitare gli ambienti e una tendina impolverata incollata al vetro. Se non ci si soffermasse a leggere le scritte adesive sulla vetrina riportanti le materie per le quali viene offerta assistenza, l'impressione sarebbe quella di entrare in un qualunque negozietto di terz'ordine. Chiaramente questi non sono gli studi che si occupano di alta finanza, di fusioni di società o di commercio internazionale, ma sono quelli dove si trattano i problemi legali della gente comune: permessi di soggiorno, eredità, compravendite di immobili, rate del mutuo scadute...

La differenza con l'Italia salta subito all'occhio però. Da noi anche gli studi legali che dovrebbero rivolgersi ai ceti più deboli della popolazione hanno molto spesso un aspetto lussuoso e il più delle volte sono situati nei palazzi signorili del centro dove, appena entrate, la segretaria vi farà accomodare su una delle poltroncine in pelle dell'ingresso accuratamente arredato e verrete ricevuti nella sala riunioni con un enorme tavolo e un numero spropositato di sedie. Chiaramente abbiamo tutto un altro stile noi italiani, non c'è dubbio!

Dopo qualche riflessione su queste enormi differenze ho però rivalutato positivamente lo stile inglese, che in prima istanza mi aveva lasciato un po' basito, ma che, pensandoci meglio, è in perfetta armonia con quella che, in linea generale, è la filosofia di vita del mondo anglosassone: rendere al cittadino tutto il più semplice possibile, come ad esempio la fruizione dei pubblici servizi, la ricerca di un lavoro o il pagamento delle tasse.

Questa semplificazione della burocrazia viene applicata anche dagli stessi avvocati che non badano molto alla forma, ma tendono ad offrire un servizio di facile utilizzo e a “portata di mano”. L'arredamento spartano, l'accesso direttamente dal marciapiede e, a giudicare dalla fila di persone che spesso si intravede all'interno, la possibilità di essere ricevuti anche senza appuntamento, portano gli studi legali inglesi ad essere sicuramente più vicini al cittadino di quanto lo siano quelli italiani. Da ciò si capisce anche il perché, nella cultura anglosassone generalmente ci si rivolge all'avvocato senza timore anche per semplici dubbi: lo studio legale è sotto casa, in un negozio come un altro e si può essere ricevuti in qualsiasi momento, in un ambiente del tutto informale. Inoltre, le formule promozionali da molti applicate (vietatissime in Italia) per cui si paga la consulenza solo se viene raggiunto il risultato, alleviano le preoccupazioni relative all'ammontare della parcella.

L'italiano medio, invece, è generalmente più restio a chiedere un consulto legale forse perché vede la figura dell'avvocato con distacco e diffidenza, percependolo come facente parte di una diversa classe sociale e, quindi, ben lontano dai problemi della gente comune. La responsabilità di ciò va attribuita in gran parte alla barriera di formalismi di cui si circonda questa categoria professionale, che è spesso troppo legata alla tradizione e al prestigio. I due differenti rapporti cittadino-avvocato finiscono inevitabilmente anche col ripercuotersi sul grado di litigiosità dei rispettivi paesi. Un problema legale in molti casi è come un raffreddore che, se curato in tempo, è una cosa da poco, ma se trascurato può trasformarsi in bronchite o polmonite.

Il rapporto poco formale fra avvocato e cliente inglese fa sì che molte problematiche legali vengano risolte sul nascere, prima che si aggravino e prima di ritrovarsi in un'aula di tribunale. In Italia, invece, spesso il cliente si rivolge al legale generalmente troppo tardi: ad esempio dopo aver stipulato contratti senza la reale cognizione di cosa stesse firmando ed aver così agito contro il proprio interesse, oppure quando riceve una citazione in giudizio dopo aver ignorato le numerose lettere di “avvertimento” della controparte. Un consulto in anticipo potrebbe evitare problemi maggiori in seguito.

Il messaggio che mi è rimasto dalla vista di quell'insegna sgangherata è che per conquistare la fiducia dell'interlocutore a cui ci si rivolge non è necessario ostentare il proprio successo professionale, ma secondo me è sufficiente parlare il suo stesso linguaggio e ridurre al minimo le barriere sociali e culturali da cui si è separati.

Alessandro Bonfanti




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