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La nostra vita appesa ad un filo

 

Prendere il treno per andare al lavoro e non tornare più a casa... non ci si pensa mai, ma succede, è successo.

E questo ci fa capire che bisogna vivere ogni momento come fosse l'ultimo: salutare i propri cari ogni volta che ci si allontana, non lasciarsi mai da arrabbiati, non lasciare cose o situazioni in sospeso, non si sa mai se li rivedremo.

E’ un po' quello che è successo nel disastro ferroviario di Pioltello - Segrate, dove tanti pendolari che con sacrifici e fatica prendevano il treno quasi all'alba, si sono ritrovati chi senza vita, chi senza gambe, chi in difficili condizioni di salute.

Non stiamo a guardare di chi è la colpa, non in questa sede almeno... casualità binario guasto treno guasto manutenzione assente, chissà. 

Guardiamo invece l'umanità che c'è su questi treni, persone che debbono alzarsi prima che sorga il sole, che a fatica trovano un posto a sedere in questi orari in cui i pendolari sono tanti.

Una delle persone rimaste ferite racconta che aveva visto -miracolo miracolo- un posto libero,

sul vagone numero 3. Davvero un colpo di fortuna, non succede mai durante la settimana, non fa niente se il gruppo di amici che viaggia ogni giorno sul 5.32, si divide.

" Tanto ci rivediamo all'arrivo"...forse!

L'importante è potersi sedere un po', riposare ancora un’oretta prima di scendere e andare al lavoro. E' qui che in realtà entra in gioco uno scherzo del destino, perché proprio il vagone 3

è stato quello che si è schiantato, dopo la sua folle corsa, contro un palo che lo ha piegato in due.

I racconti delle persone coinvolte sono strazianti: raccontano di tremolii ritenuti all'inizio normali, ma poi spaventosi; di velocità sempre maggiore; di paura negli occhi dei vicini e della certezza poi che sta succedendo qualcosa di anomalo, qualcosa che è divenuto una catastrofe.

Com'è possibile che succeda tutto ciò? mentre sto solo facendo la fatica di raggiungere il posto di lavoro?”

Una domanda che una persona si fa, ma che legge anche negli occhi del vicino.

E questo frastuono assordante, lo schianto, la incapacità di muoversi, l’essere sbattuta in mezzo al sangue dall'altra parte del vagone...

Come in ogni situazione simile, c’è chi ce la fa e chi no; chi si sente miracolata, nonostante un osso rotto e il viso tumefatto, chi racconta di aver preso il treno perché in anticipo e chi su quel treno non doveva proprio esserci.

Paura, ansia per sé e per gli altri, per gli amici che sono in un’altra parte del convoglio, che non si trovano più.

Un evento drammatico, impossibile da dimenticare per chi l'ha vissuto in prima persona, immagini filmate o fotografie, che anche per noi che abbiamo visto solo attraverso la televisione, saranno impossibili da dimenticare.

Sembrava che il treno scivolasse sotto i piedi" dicono i presenti, i sopravvissuti.

E ora? ora viene la parte più difficile: superare il lutto, elaborare l’intera vicenda, ma soprattutto ritrovare il coraggio di continuare a vivere da pendolare.

Sì, perché la nostra vita continua a incontrare nuovi ostacoli: non è da molto che abbiamo lasciato alle spalle, se mai è successo, la paura del terrorismo, la paura degli attentati, ora dobbiamo avere paura dei mezzi di trasporto, del caso?

No, non lo credo. Dobbiamo, come dicevamo all'inizio, imparare a vivere ogni attimo della nostra vita, come fosse l'ultimo, perché così può essere. Il destino, il fato, tutto...è già scritto e a noi non è dato saperlo; ma a noi spetta vivere in pienezza questo dono che abbiamo.

Ogni giorno che abbiamo davanti, perché potrebbe essere l'ultimo.

Giuliana Pedroli, giornalista (Febbraio 2018 - Tutti i diritti riservati©)



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