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Soli o single, che differenza c’è?


Oggi vorrei parlare di singletudine e di solitudine, due modi di essere che possono far bene o far male alla nostra vita. La prima è una parola che sta ad indicare una vita senza partner, la seconda invece è sinonimo di vita senza relazioni. Va da sé che la prima, scelta o imposta, può essere una condizione di vita realizzabile, mentre la seconda è sicuramente una situazione che deve essere rimossa perché l'uomo è un animale sociale e senza gli altri non può stare. Iniziamo a parlare dei così detti single: studi scientifici hanno rivelato che nella nostra società le persone che vivono da sole sono comunque persone soddisfatte, appagate, molte di loro non cambierebbero affatto la loro situazione. Certo non è per tutti così, c'è il single per scelta e c'è il single di ritorno, che si trova forzatamente da solo dopo una delusione, una perdita o un lutto. Ma vivere soli serenamente si può. Bisogna partire da una cosa precisa, cioè dal saper stare bene da soli, perché altrimenti felici non si può essere. Stare bene con se stessi, punto di partenza; ma poi bisogna continuare con un percorso di realizzazione che comprende interessi, valori, scopi, nella vita che si possono realizzare senza l'altro/a. In Italia le persone sole sono tantissime, si parla di oltre 8 milioni di italiani/e, un fenomeno previsto in aumento perché il matrimonio o la convivenza spesso deludono, perché la vita di coppia può essere faticosa, perché la nostra società contempla anche questo. Certamente difficile è per chi la solitudine o la singletudine la vive come cosa imposta, subita. L'inizio sarà certamente duro, faticoso, ma una volta arrivati a questa condizione bisogna saperne cercare ed apprezzare i lati positivi, che ci sono. Innanzitutto una grande libertà, il non dover rendere conto di quello che si pensa o si fa ad alcuno fuori di noi. Io sono convinta che si possa imparare a vivere bene anche da soli, tenendo conto che possono sì arrivare taluni momenti improvvisi a vestire la giornata di malinconia, ma è uno scotto trascurabile da pagare. Parlando invece della solitudine sofferta, ho trovato i risultati di uno studio inglese/americano che la considera un vero e proprio disastro per la nostra salute. Vissuta come isolamento e dolore, può far aumentare del 30% il rischio di ictus e patologie coronariche. Se il nostro stare senza relazioni è cercato ed è una scelta consapevole, possono esserci anche emozioni positive, ma per la maggior parte dei casi la mancanza di relazioni e quindi di emozioni sociali rende frustrante e stressante la vita. La differenza sta tutta nello stare soli o nel sentirsi soli, che sono due condizioni ben diverse; a questo punto possiamo parlare anche di solitudine felice o di solitudine infelice. Non è un concetto nuovo quello secondo cui si può essere solo in mezzo a tanta gente o si può essere soli anche nella propria famiglia.

Mi piace chiudere queste considerazioni con le parole di Giacomo Leopardi: "La solitudine è come una lente di ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo"


 Giuliana Pedroli, giornalista (Ottobre 2016 - Tutti i diritti riservati©)


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