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L’INCONTRO CON IL POETA


Come ogni viaggio anche questo cominciò senza alcun preavviso, né alcuna prenotazione.

Forse si vorrebbe subito una mano al momento di nascere, ma la consapevolezza del vivere è così lontana in quel momento, che è più importante riuscire a respirare, piangendo e strepitando a più non posso” sentii la sua voce sussurrarmi accanto come un amico fraterno, pur non avendola mai sentita.

All’età di 49 anni, proprio quando mancava una manciata di mesi dallo stare nel mezzo del cammin di nostra vita, ammesso e non concesso che l’intera vita fossero i 100, mi ritrovai nella selva dei pensieri, tanto era confusa la via da intraprendere per la conoscenza mia e dell’umanità. Non saprei dire quando il poeta mi si pose innanzi a rincuorarmi, ma in un attimo senza esser richiesto Lui era lì…

allor fu la paura un poco queta, che nel lago del cor m’era durata…

Non mi resi subito conto di chi avessi al mio fianco tant’era pien di sonno a quel punto, ma nella fuga dalla barbarie, che di questi tempi occorre, mi voltai un attimo indietro rendendomi conto di quel che paventavo, di quello che mi stavo lasciando alle spalle, a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva. Ebbi solo allora la consapevolezza che, se non avessi cambiato passo, avrei rischiato di morire, se non la morte fisica quella spirituale, che forse è anche peggio e spesso vien prima di quella. Così allo stesso tempo realizzavo dentro di me quanto fosse importante la vita, te ne accorgi di più quando più grandi sono la paura e la fatica da affrontare, quando hai quasi l’impressione che ti sfugga di mano, che a controllarla tu non riesca, ma che puoi entrarci dentro come un elemento piccolo piccolo della natura, come una canoa nel fiume.

Temp’era dal principio del mattino, e’l sol montava ‘n su con quelle stelle ch’eran con lui quando l’amor divino mosse di prima quelle cose belle

Era primavera quando Dio dette il primo movimento al sole e alle stelle, era la stagione giusta per cominciare un viaggio mai compiuto.

Le fiere che dovevo superare al cominciar de l’erta non erano da meno della lonza, del leone e della lupa se trasferite nei tempi odierni, costoro erano il finto profitto, la furbescheria e la strumentalizzazione dei media e delle leggi portati ad un tal punto di bassezza, ch’io perdei la speranza dell’altezza.

Ma dopo che il poeta mi si presentò in tutto il suo splendore per verecondia non osavo porgli la domanda che pur la mia curiosità spingeva innanzi: chi era il veltro della profezia?

Infin che ‘l veltro verrà che la farà morir con doglia, la belva che non lascia altrui passar per la sua via … che mai non empie la bramosa voglia e dopo ‘l pasto ha più fame che pria?

Se già la belva da far morire era una figura allegorica interpretabile come la cupidigia (infatti essa non si accontenta mai), chi era mai il veltro capace di sconfiggerla?

Il Poeta così mi rispose: “devi tener conto che, essendo un veltro, è un cacciatore ed ha un gran fiuto, come un cane o un levriero in summa, tieni poi di conto che è un fedele amico dell’uomo e ha una velocità senza pari quando sia pronto allo scatto; se ti capiterà di vedere la sua azione in rapida successione, a fatica potrai scorgere la sua figura, ma sappi che il suo operato sarà riconoscibile a distanza di tempo”

Obiettai che per poterlo riconoscere avevo comunque bisogno del suo nome, ma egli mi rispose:

sapere il suo nome non ti sarà di aiuto, forse ti sfugge qual cosa egli compirà così importante per l’umanità”.

Gli confessai allora di non aver capito niente fino a quel momento, forse fu per questo che ebbi il coraggio di fargli una domanda altrimenti impossibile da rispondere in poche parole, eppur da lì incominciò il più bel viaggio della mia vita.

Tu che la saggezza hai conquistato con un viaggio così lungo, come ritieni che sia iniziata quella scienza ampia e profonda che chiamano filosofia?” osai chiedergli

Stai ben attento a quel che ora ti vo dicendo, perché niuno comprese bene quell’apertura della mente che, come un’esplosione in cielo di miliardi di stelle, diede vita ad infiniti movimenti del pensiero, alcuni indicando nella visione di Dio l’unica felicità possibile, altri concependo la ragione con l’aiuto della luce divina come l’unico mezzo per giungere a Dio, altri ancora affidando alla ragione il dovere di condurre l’uomo alla felicità, considerando questi ultimi l’anima mortale.

Eppure se di una cosa la filosofia è espressione non si può dimenticare la sua provenienza da un qualcosa che va oltre la morte, anzi si potrebbe dire che essa nasce dal soffio della vita, come il dolce suono della lettera greca phi ripetuto due volte lascia intendere, come una sorta di fischio che dà il la (o il fa) alla musica, come la proporzione classica con cui Fidia dava armonia alle sue opere, seguendo la sezione aurea.

Quando l’uomo cominciò a sostituire nella rappresentazione del mondo gli elementi naturali con realtà fisiche che cercavano di avere la meglio una sull’altra, il concetto di origine e prosecuzione della vita (physis in greco, natura in latino) irruppe nella mente umana in tutto il suo splendore, dando vita ai mille perché della filosofia. Physis è l’origine, il procedere, il realizzarsi della vita, è l’anima vitale dell’uomo e dell’universo. Nel pronunciarlo puoi avvertire chiaramente il suono dell’universo.

Può sembrare strano che l’uomo, considerando la componente fisica del suo essere, abbia finito per invaghirsi del suo stesso pensiero, ma tant’è, l’uomo è circolare.

Il viaggio perfetto è circolare. La gioia della partenza, la gioia del ritorno.


Luigi Giannachi

socio fondatore dell'associazione culturale L'accento di Socrate


(Tutti i diritti riservati©)


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