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IL MAESTRO CHE SOGNAVA DI FARE IL FALEGNAME

 

Nessun bambino è perduto se ha un insegnante che crede in lui” (B. Bueb)





"immagine tratta da Magazine.it"

Mentre guardavo, a fine febbraio, la fiction televisiva “Non è mai troppo tardi” sul Maestro Alberto Manzi, mi è venuta in mente la figura di un altro grande insegnante, pedagogista e scrittore, Mario Lodi, che tanto ha dato al mondo scolastico e non solo. Avevo pensato di parlarne in questa rivista, ma prima che potessi farlo, il 2 marzo il nostro amato Maestro ci ha lasciato. Alla tristezza per tale perdita, si è aggiunta la delusione di non aver fatto in tempo a ricordarlo mentre era ancora in vita. Ed eccomi qui ora con l’amaro in bocca! Certo, in poche righe non si può racchiudere una vita intensa, sempre attiva, durata 92 anni! Per chi vuole saperne di più, per fortuna ci sono i suoi preziosi e numerosi scritti, tradotti in varie lingue, tra cui il più famoso è “Cipì”, il passerotto curioso e con tanta voglia di scoprire il mondo. Questo libro è un po’ la sintesi della sua filosofia dell’educazione e della sua pedagogia innovativa. Mario Lodi sognava, come anche Don Milani, una scuola universale, strumento di democrazia, con il compito di trasformare “un gregge passivo in un popolo di cittadini pensanti”. Sicuramente egli aveva bene in mente Kant che diceva: “Il maestro non può insegnare pensieri, ma deve insegnare a pensare”. Ad una scuola puramente trasmissiva di saperi e nozioni, opponeva un insegnamento basato sull’osservazione partecipe, sulla collaborazione, sulla sperimentazione, sull’ascolto attivo piuttosto che su quello passivo, bandendo la competizione, privilegiando, invece, il recupero al posto della selezione, per fare emergere i talenti nascosti. L’aula era vista come una microsocietà e a scuola si sperimentava la base del vivere civile, fondamentale per formare il cittadino responsabile (siamo in piena consonanza con la nostra Costituzione!). Il suo libro “Il paese sbagliato” ci mostra concretamente come la scuola possa diventare strumento di liberazione dell’uomo, se si dà spazio alla creatività e alla libertà espressiva individuale. Il suo impegno culturale e civile (vedi “Favole di pace”) è iniziato dopo la II guerra mondiale ed è proseguito fino alla fine del 2013, attraverso l’associazione culturale “Casa delle Arti e del Gioco”, un laboratorio di studi e ricerche sui problemi dell’età evolutiva. La sua carriera non è stata facile, volevano lezioni tradizionali da uno come Lui, esponente del Movimento di Cooperazione Educativa, e che si ispirava al pedagogista francese Frainet, portatore di una ventata di nuovo nella scuola. Per quanto si dica male della scuola italiana, posso testimoniare che gli insegnamenti del Maestro Lodi non sono caduti nel vuoto. Tanti sono gli insegnanti che, attraverso un impegno concreto e quotidiano, promuovono, oggi come ieri, una cultura del comportamento responsabile e che pur lavorando, in molti casi, in condizioni precarie, adottano una pedagogia innovativa che valorizza la diversità e rende il bambino/ragazzo non solo fruitore ma anche artefice del progetto educativo.

In tutti noi che ci siamo formati alla “scuola Lodi” e sui suoi libri, resterà sempre vivo il ricordo dell’artefice della nuova scuola democratica e di Colui che ha “ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone aspetti e metodologie”.

Concludo dicendo “sol chi non lascia eredità d’affetti, poca gioia ha nell’urna” (Foscolo-I Sepolcri), non è il caso del Maestro per antonomasia, Mario Lodi.

Lucia Di Mieri, docente di Lettere

(Tutti i diritti riservati©)


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