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AMORE A METÀ

 


C'è una storia che ho raccontato a molte persone, ma che non ho mai scritto; credo che sia giunto il momento di farlo per guardarla, se così si può dire, finalmente negli occhi. È la mia storia d'amore. La chiamo così anche se è stata una storia a metà. Senza baci, abbracci, romantiche solitudini condivise. Infatti la sera stessa in cui avevo deciso di confessare a Fabio i miei sentimenti, ho scoperto che aveva iniziato una storia con Cristina, una delle mie migliori amiche. Così, per conservare la nostra amicizia, feci un passo indietro e cominciai, da quel momento in poi, a misurare ogni mio gesto, ogni mia parola, nei suoi confronti. Più difficile fu tenere a bada le mie emozioni; specie quando (e capitava di frequente) Fabio afferrava la mia carrozzina, con mani forti e dolci, per portarmi ovunque. Ricordo come fosse ieri quel viaggio a Roma. Dopo un'intera giornata senza muovermi, un crampo alla gamba mi impedì di salire sul pullman. A quel punto, le sue braccia affettuose mi presero e mi adagiarono sul sedile.  Non gli importava molto della fatica che tutto questo gli costava. Per lui era importante farmi partecipare a qualunque attività della nostra compagnia. Così in quella sala giochi insisté non poco affinché provassi anch'io a giocare a biliardo. Vi garantisco che impugnare una stecca e tentare di colpire una boccia che non si può vedere, perché si sta sedute troppo in basso, rispetto al tavolo verde, non è impresa facile! Per il tiro al bersaglio invece, passai la mano, restai a guardare e in quel caso, lui non ebbe obiezioni: sarebbe stato davvero spiacevole rischiare di conficcare una freccetta in un occhio a qualcuno! Al termine di una serata così spensierata, mi riaccompagnò a casa e, poiché il sonno se ne era andato da tempo, ci stava pure un caffè nel mio salotto, con annesse chiacchiere sulla vita. Ero così presa da quest'atmosfera divertente eppure così profonda, che davvero non feci caso alle occhiate assonnate di mia madre che, con gentilezza risoluta, c'invitava a mettere un punto ai nostri reciproci racconti. Si erano fatte le 2 del mattino! Poi arrivò l'estate e la casa al mare di Cristina era sempre aperta. Ogni anno mi portavano per un giorno con loro perché io potessi vedere il mare. Anche se non posso nuotare, mi è sempre piaciuto contemplare la distesa marina dalla spiaggia; nei miei sogni il mare è sempre stato il luogo del romanticismo per eccellenza (in quel caso, pericolosamente romantico). Era bellissimo vedere con quanta cura, alla fine di quella giornata speciale, Fabio cercava dell'acqua per lavare le ruote della mia carrozzina, per impedire che la salsedine le  rovinasse. Ricordo ancora quella volta in cui, per compiere quest'operazione, chiese in prestito il secchiello ad una bimba che, fra l'imbronciato e lo spaventato, non vedeva l'ora che glielo restituisse. Poi un giorno andò all'estero e stette via per alcuni mesi; ricordo che, prima della partenza, Fabio mi ripeteva spesso: «Mi raccomando, laureati prima che io me ne vada, altrimenti, come facciamo a festeggiare?». Così feci infatti. Durante la sua assenza continuai a frequentare gli amici comuni e, naturalmente, anche Cristina; non nutrivo dubbi sul fatto che, quando sarebbe tornato, la nostra amicizia sarebbe proseguita come prima. Il giorno dopo il suo rientro, ci vedemmo alla laurea di un'amica del gruppo e subito mi parve un po' strano. Lì per lì, non ci badai troppo: “Sai, la lontananza da casa, da Cristina, avrà bisogno di starsene un po' per conto suo...”. Quell'anno niente mare; e anche in questo caso, mi detti la medesima spiegazione Poi arrivò settembre, riprendemmo gli incontri di gruppo. Fu in quell'occasione che compresi tutto con estrema chiarezza: oltre che da me, si stava allontanando dalla mia carrozzina: quella parte di me che Fabio e Cristina comprendevano e accoglievano in modo del tutto speciale. Nonostante tutto, non mi arresi: cercai più volte di parlargli, di scrivergli, convinta che la distanza di uno schermo, lo avrebbe aiutato ad aprirsi. Le risposte arrivarono, ma frammentarie. Eppure, non era la prima volta che la nostra amicizia conosceva momenti difficili, ma un tempo, tutto prima o poi andava a posto. Questa volta era diverso, me ne stavo accorgendo con crescente angoscia. Ci furono lunghi e penosi silenzi tra noi. Lasciai il gruppo. Dopo alcuni mesi, al matrimonio di un'amica comune, m'invitarono a fare una passeggiata nel parco del ristorante. Mi annunciarono ciò che avevo intuito già da tempo: l'anno successivo si sarebbero sposati e mi dissero che, data la particolare situazione, pensavano che fosse meglio lo venissi a sapere da loro, piuttosto che da altri. Apprezzai immensamente la loro sensibilità; ma fu anche l'ultima volta in cui Cristina mi abbracciò e Fabio mi guardò negli occhi. Poi di nuovo ostile silenzio intervallato da qualche battuta cinica di lui, nelle rare occasioni in cui mi capitava d'incontrarli. Un giorno vennero a casa mia, ad invitarmi ufficialmente al loro matrimonio. Davanti a quella busta, il mio cuore avrebbe voluto rifiutare e scappare da un dolore decisamente troppo acuto, ma la mia voce disse che: “Sì, avrei partecipato alla loro festa”. Il giorno del matrimonio fu per me davvero straziante. Fu l'unica occasione in cui pensai che il vestito dello sposo fosse di gran lunga più bello di quello della sposa! Quando finalmente fu tutto finito, mi sentii svuotata. Non è un caso che non ricordi minimamente quale fosse la loro bomboniera e soprattutto che mia madre, vedendomi così provata, abbia nascosto i libretti della cerimonia (quelli dei matrimoni degli altri amici, li conservo tutti io). Di tutta questa storia rimane il ricordo di un'amicizia spezzata, ma anche di un amore mai nato che tuttavia credo avesse imboccato la strada giusta: rispettare e soprattutto amare una vita particolare. Una vita su quattro ruote. 

Loretta Del Tedesco (laureata in Filosofia all'Università di Trieste) TESI PREMIATA

I fatti narrati sono reali, i nomi di fantasia

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