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Luci e ombre della D.A.D.


Non è tutto oro quello che luccica. Ma non è tutta tenebra ciò che non brilla, aggiungerei io. Mi riferisco nello specifico alla situazione attuale inerente la pubblica istruzione. Come noto, da circa un anno in Italia e in buona parte del pianeta, per alcuni ordini di scuola, soprattutto le scuole secondarie di secondo grado, sono sospese le lezioni in presenza, a causa del famigerato virus che sta traviando la popolazione mondiale. Dopo un iniziale e comprensibile senso di smarrimento, i docenti tutti hanno intrapreso l'ormai nota e discussa DAD, ovvero didattica a distanza, che in autunno è stata definita anche DDI, cioè didattica digitale integrata. Questo cambio di acronimo non è soltanto un fatto nominale, ma un disperato tentativo di sottolineare il fatto che l'uso delle moderne tecnologie informatiche non deve rimanere appannaggio solo di un periodo di emergenza, ma diventare patrimonio e risorsa a cui far riferimento nella didattica generale. L'auspicio, infatti, è quello di poter quanto prima tornare a una didattica dal vivo, che però non perda gli aspetti positivi acquisiti nell'ultimo anno, ovvero quelle competenze digitali, che, integrate con le classiche competenze scolastiche, possano favorire un apprendimento più globale, approfondito e lungimirante. Ora, non sta a noi e soprattutto in questa sede discutere se sia stato giusto tenere gli adolescenti in didattica a distanza da casa per tutto questo tempo. Tuttavia, mi pare lecito, da insegnante di una scuola superiore, proporre alcune riflessioni.

Come scriveva Aristotele, il giusto sta nel mezzo, il che equivale a dire che è sempre meglio mantenere una posizione moderata e mettere in evidenza i pro e contro di una situazione, i suoi vantaggi e svantaggi, considerati da diversi punti di vista, con tutte le luci e le ombre del caso. In particolare, vorrei sottolineare che, come in tanti hanno paventato, anch'io ritengo che un prolungato periodo di DAD possa in effetti interrompere a lungo termine il cosiddetto "ascensore sociale". Abbiamo notato, infatti, che gli studenti che hanno maggiormente beneficiato della DAD sono coloro che possiedono dei buoni dispositivi personali, di una discreta connessione e di una famiglia in qualche modo presente, che da casa vigila lo studente, lo segue, accompagna e sprona. In linea di massima, ciò accade nelle famiglie con un buon livello socio-culturale, dove spesso i genitori sono a loro volta in smart-working e quindi riescono ad essere vicini ai figli che si collegano con gli insegnanti e a dar loro una mano o quantomeno a fornire una costante motivazione. Anche se le varie scuole hanno cercato di ovviare ad alcuni problemi, fornendo notebook e tablet agli studenti sprovvisti, è anche vero che ci sono situazioni familiari in cui, per un motivo o per l'altro, gli studenti sono a casa soli con se stessi, senza nessuno che li stimoli a seguire le lezioni o comunque a farlo con la doverosa attenzione. In quest'ultimo caso si tratta spesso, ma non solo, di famiglie con un livello socio-culturale, e anche economico, più basso. A questo punto non è difficile da immaginare che se la DAD dovesse protrarsi nel tempo, questi studenti accumulerebbero un bel ritardo, se non addirittura esitare nell’abbandono scolastico. Possiamo dedurre che, in ultima analisi, chi parte già da una buona condizione socio-culturale non viene troppo penalizzato dalla DAD e procede spedito nel suo percorso scolastico. Chi invece in partenza è svantaggiato, subisce un accumulo di gap e rischia di perdersi. Come risultato, possiamo ipotizzare un maggior divario economico e socio-culturale tra le diverse fasce sociali nel prossimo futuro. Poiché la scuola negli ultimi decenni ha, invece, tentato di colmare tale gap e di favorire l'ascensore sociale per chi ha voglia e capacità, è evidente che la situazione attuale rischia di far bloccare tale ascensore.

È importante, tuttavia, mettere in evidenza come non tutto ciò che è conseguito alla DAD è negativo. Da insegnante devo sottolineare che alcuni studenti hanno avuto un vissuto molto particolare, si sono responsabilizzati in tale situazione critica e hanno reagito con grande impegno e maturità. Addirittura abbiamo assistito a una crescita personale e scolastica da parte di studenti che a scuola apparivano estremamente fragili. Ad esempio, la connessione su classroom e meet ha portato alcuni studenti, normalmente silenziosi in classe, ad avere maggiormente il coraggio di esporsi, parlare e dire la propria, superando tante inibizioni e timidezze. Per non parlare del fatto che sia gli studenti che i docenti hanno loro malgrado acquisito delle importantissime competenze digitali, che fino a un anno fa erano ancora poco utilizzate. Tali competenze sono davvero preziose, non solo nel presente, ma anche come abilità da spendere in un futuro, nemmeno troppo lontano, sia in campo scolastico che professionale.

Ovviamente ogni esperienza è assolutamente soggettiva; però non possiamo nascondere che alcune cose buone son venute fuori, sia dalla DAD che dalla DDI. Di certo la differenza non l'ha fatta solo la situazione di partenza dello studente e della sua famiglia, ma anche l'approccio dei singoli insegnanti. Rendere la DAD un'esperienza di crescita sotto tutti i punti di vista, nonostante la situazione pandemica, sta molto all'operato del docente che, se sa utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione, riesce, anche a distanza, a motivare i propri allievi, a coinvolgerli in un percorso di apprendimento che in parte ricalca le vie già note, ma in parte esplora anche nuovi sentieri, da cui è possibile uscirne più forti e arricchiti, sia emotivamente che cognitivamente.

Nella speranza che presto la situazione di emergenza possa in qualche modo rientrare, bisogna tenere duro e impreziosire l'esperienza che stiamo vivendo, ritenendoci sempre, almeno in parte, autori del nostro destino. Perché, come scrivevo all'inizio, non è tutto oro quello che luccica, ma non è nemmeno tenebra tutto ciò che non brilla.

Eleonora Castellano, docente e psicologa (Febbraio 2021 - Tutti i diritti riservati©)


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