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La separazione di una coppia: fine e nuovo inizio


Le statistiche parlano chiaro: ogni anno in Italia si consumano migliaia di divorzi. Numero sottostimato se pensiamo alle separazioni delle coppie conviventi non sposate, che quindi non vengono conteggiate nelle stime ufficiali. Un vero e proprio massacro, un fallimento dei tempi moderni, in cui vincitori e perdenti possono coincidere e dove è difficile smascherare le cause effettive, vuoi per la complessità e variabilità delle dinamiche in gioco, vuoi perché, quando si tratta di temi così intimi e privati, non è facile fare generalizzazioni, che appaiono spesso indebite e imprecise. La separazione è sempre un fallimento, su questo non c’è dubbio, qualunque sia stato il percorso e le motivazioni che hanno spinto nella sua direzione. Innanzitutto il fallimento di un progetto di coppia o anche di famiglia. E poi il fallimento di un’idea, non solo proiettata nel futuro in quanto progetto, ma anche declinata nel presente, come possibile stile di vita. Quando ci si separa, quasi sempre è necessario elaborare un lutto, e non solo alla fine, ma anche e soprattutto prima e durante il processo della separazione. La decisione stessa di dividersi non è mai improvvisa. C’è dietro una riflessione, un periodo, più o meno lungo, di valutazioni. Quasi sempre, chi decide tende a prendere in considerazione diversi fattori, dagli aspetti più sentimentali e intimi (quanto ci tengo ancora a questa persona? Non la amo più? È rimasto qualcosa dell’attrazione iniziale?) a quelli più pratici (chi deve lasciare la casa? Come mettersi d’accordo sugli aspetti economici? E se ci sono dei figli, come pensarsi ancora genitori al di là della separazione?). È chiaro che chi non è sposato non deve affrontare il lungo iter burocratico del divorzio, però dal punto di vista psicologico cambia poco, la situazione può essere altrettanto dolorosa e non solo per chi subisce la decisione. Anche chi prende l’iniziativa (difficilmente, infatti, si decide insieme e di comune accordo di lasciarsi) deve affrontare tutta una serie di emozioni contrastanti, dalla malinconia alla tristezza, dalla rabbia al risentimento, dalla paura alla costernazione, dalla speranza alla serenità. Sì, perché chi si ritrova a scardinare un progetto di vita, o anche solo di coppia, lo fa per migliorare se stessi e la propria esistenza. Perché non accetta più una relazione infelice, insoddisfacente, sterile; perché spera che possa esserci ancora qualcosa di positivo nella propria vita, il cui punto di partenza è chiudere con un legame che non riesce più a soddisfare i propri bisogni. Certamente, quando la coppia ha generato dei figli, la situazione si complica perché subentrano sensi di colpa, dubbi, autofustigazioni. Ci si chiede cosa sia giusto per la prole, al di là delle attese sociali. Quanto i figli possano soffrire di un cambiamento radicale di vita o quanto essi stessi possano beneficiare di una situazione di famiglia divisa, ma serena e capace di non venir meno al proprio ruolo educativo. Quando ci sono in ballo dei figli, è doveroso provare a separarsi “bene”, a non cedere ad un eccesso di rancori e recriminazioni, a non utilizzarli come arma di attacco e di difesa. I ragazzi e i bambini vanno tutelati e protetti dalle brutture di una separazione conflittuale. E vanno preparati, con dolcezza, con gradualità, fornendo loro le spiegazioni più adatte alla loro età e alla loro psicologia. Perché è facile che i bambini si sentano in colpa e temano di essere la causa dello smembramento della famiglia. Per quelle famiglie che non ce la fanno da sole, è utile che intervenga il mediatore, una figura professionale che fornisce un supporto valido ad una separazione il meno possibile traumatica. Quello che bisogna ricordare a se stessi in quanto adulti e in quanto genitori, se lo si è, è che la fine di una relazione è la fine di una storia, di una delle storie della propria vita, di un capitolo, che è stato interessante, felice, appagante solo fino ad un certo punto. E quando parlo di storie non faccio necessariamente riferimento a storie d’amore. Parlo delle molteplici storie della nostra vita: la storia del nostro percorso come figli, come partner, come amici, come lavoratori, come essere umani nel mondo. La fine di un matrimonio, di una convivenza, di una storia d’amore sono la fine di qualcosa d’importante, di significativo, e vanno gestiti e affrontati con forza, lucidità, correttezza. Ma la fine è anche l’inizio. E finché c’è vita, c’è sempre la speranza di vivere bene e di migliorare se stessi e quello che ci circonda. Essere ambiziosi, puntare al proprio benessere, accrescere la propria autostima e circondarsi di persone positive non è un male. Anzi, è cosa buona.



Eleonora Castellano, docente e psicologa

(Tutti i diritti riservati©) www.eleonoracastellano.com 

socia fondatrice dell'associazione culturale L'accento di Socrate


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