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Recensione a “Una casa di petali rossi” di Kamala Nair


 

Un anello di diamanti e una lunga lettera, abbandonata sul comodino, attendono il fidanzato di Rakhee al suo risveglio. Un fiume di parole, che forse gli farà capire perché la sua donna lo ha lasciato senza spiegazioni per intraprendere un lungo viaggio in India. Un racconto a ritroso, che gli aprirà gli occhi, ma forse gli sigillerà il cuore.

Questo è l’incipit del romanzo che, una volta finito di leggere, non avrei voluto lasciare. “Una casa di petali rossi” (Editore Nord) è un libro straordinario, che, attraverso un flashback, narra una storia potente. Una storia che sa di agrodolce, di pietanze piccanti che s’avvicendano con cibi insipidi, che solo le emozioni più profonde riescono a insaporire. Un viaggio in India, in un paese ancora tanto, troppo maschilista, dove le donne sono in realtà l’anello più forte, capaci di sacrificare tutto, anche le proprie bambine, pur di salvare l’onore della famiglia e proteggere segreti terrificanti e trame indicibili, che gli uomini hanno provocato e che non sono capaci di districare. Rakhee, la protagonista, comprende che solo rappacificandosi con i fantasmi del proprio passato, solo immergendosi nel cuore della maglia che l’ha avviluppata da bambina e da cui è fuggita, solo imparando a perdonare e a perdonarsi, è possibile costruire un futuro diverso. Un romanzo che mi è piaciuto molto perché in maniera agevole salta tra il dentro e il fuori dei personaggi, e perché delinea orrori senza giudicarli, mostrando come la ricerca della verità sia sempre la scelta migliore. Un libro che fa riflettere, che ci spinge a considerare se la paura di chi è diverso, ma diverso davvero, è qualcosa che ci è estraneo oppure ci appartiene intimamente, nostro malgrado. Da leggere.

 Eleonora Castellano, docente e psicologa www.eleonoracastellano.com 

socia fondatrice dell'associazione culturale L'accento di Socrate

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