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IL CORAGGIO DELL'IMPOTENZA

 



Il barbone” di Gianni Marrone (olio su tela 80x 100)

 





Nel cammino dell'esistenza, nella ricerca umana individuale e nel tentativo di raggiungere la consapevolezza che non dia spazio solo a se stessi, ma ad una concezione di uguaglianza e giustizia per tutti, inevitabilmente ci si imbatte prima o poi in un quesito. Opporsi ad un sistema di potere che sta devastando l'umano riduce alla pazzia e all'isolamento?

Mi spiego meglio. In una struttura sociale così definita dal potere mondiale, che fa del dio denaro il centro, con l'unico fine il dominio economico con ogni mezzo, in particolare guerre che sono il fulcro utile di guadagno, cosa può fare e cosa è l'individuo che tenta una visione di valore umanitario e di progresso? E che conseguenze patisce nel perseguire questo fine?

Recentemente è stato riproposto il film JFK, ma posso anche fare riferimento a "I tre giorni del condor" o a 1984 di Orwell, per evidenziare quanto il sistema, se non ci si conforma, deformi la realtà e isoli la lotta di principio sino alle estreme conseguenze.

Un manipolo di individui usano ogni mezzo pur di mantenere la propria egemonia a discapito dell'intera umanità e il singolo, che persegue un senso comune, subisce il dramma dell'opporsi pagandone prezzi personali immani.

Non solo trova un muro perseguendo certi fondamentali ideali, ma si trova osteggiato, rifiutato ed escluso da chi lo circonda, da tutti coloro che per cinismo o per mantenere il proprio status si adeguano supinamente, adattandosi e anzi divenendo complici del sistema stesso.

Le scelte sono inevitabili o ci si arrende facendosi "comprare" (nelle varie forme concesse d'apparenza o nei piccoli tentativi di essere) e adagiandosi per conservare quell'illusorio libero di sopravvivenza conforme o si prosegue nel proprio impegno nei rischi evidenti, o si viene emarginati.

Il tentativo di trovare un senso unitario non demorde, pur nella consapevolezza dell'impotenza, nonostante il potere (sia esso politico o religioso, spesso fusi) sappia utilizzare metodi di persuasione (occulti o meno) e di manipolazione per arginarne gli effetti (riuscendoci perfettamente), ma il sacrificio fisico e d'anima rimane.

Esiste il coraggio dell'impotenza che come piccolo seme fra semi d'esistenze si lancia in questo globo sperando o illudendosi che dia frutti futuri. In questa visione forse vale la pena dire e lottare (oppure no), sapendo che sicuramente non si verrà compresi o sostenuti mai abbastanza nel presente. Affermare il proprio no è un diritto e una necessità, sempre e nonostante tutto. Perdere può dare il senso della vittoria dell'essere per esseri del future, in questo giace l’utopia.

Ho sfiorato, con una breve analisi e in quesito, un ampio argomento, spero spunto di riflessione e di dialogo.


Silvia Calzolari, poetessa e collaboratrice dell'assocazione L'accento di Socrate


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