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Laura Boella: il ruolo dell'Etica e della filosofia nella nostra epoca

 

Professoressa Boella, che cos’è per lei, dal punto di vista filosofico, la morale? L’Etica a volte è citata a sproposito?

La questione dell’Etica non è una questione disciplinare, è vero che insegno una disciplina che si chiama Filosofia Morale, ma oggi è molto difficile parlare di Etica in senso disciplinare. Possiamo dire che l’Etica è una delle regioni più squassate della riflessione filosofica, una delle regioni più sconvolte dalla realtà contemporanea e dagli avvenimenti anche del secolo scorso

L’Etica mette in discussione se stessa?

Per certi aspetti è stata messa in discussione, per altri aspetti non credo sia tanto importante che gli studiosi di Filosofia Morale facciano autocritica quanto piuttosto è la realtà che provoca semmai una riflessione sulla Morale di tipo nuovo. Un esempio di chiamata dell’Etica alla sua inadeguatezza rispetto all’epoca contemporanea è stata quella di Hans Jonas, la Bioetica ha costituito un grande sfida per la riflessione etica tradizionale. Il libro di Jonas, Il principio di responsabilità, chiede un nuovo paradigma etico, una nuova Etica per un’epoca tecnologica: cosa che poi in Bioetica non è passata universalmente ma rappresenta una tra le posizioni più radicali. Nel gran parlare di Etica si parla purtroppo di Etica applicata agli affari, alla politica. Il problema dell’Etica attuale è che c’è una nuova agenda morale, problemi nuovi o problemi vecchi che hanno un versante nuovo a partire dalla famiglia, dal ruolo della donna, rapporti tra i sessi o dei sessi, e poi le biotecnologie e arriviamo pure alle neuroscienze. Il dibattito tra le neuroscienze e la riflessione morale sta diventando più interessante di quello della Bioetica

Perché?

Perché la Bioetica continua a far riferimento a grosse teorie consolidate: l’utilitarismo anglosassone piuttosto che l’Etica di Aristotele riveduta e corretta o per certi aspetti l’Etica kantiana. Nell’ambito delle neuroscienze la questione è di arrivare su un terreno molto vicino a quello della più tradizionale riflessione morale. Questo è stato un evento che ha sconvolto notevolmente, le questioni sono: l’autonomia, il soggetto, il libero arbitrio, la responsabilità che è molto legata alle questioni della scelta dell’autonomia del soggetto e poi anche la natura del giudizio morale. Per pronunciare giudizi, è giusto o è sbagliato, abbiamo bisogno di attività cognitive, di un patrimonio di conoscenze, dell’adesione a norme oppure entrano altri fattori. Forse l’aspetto più dirompente è determinato dalla nascita di numerosissimi modelli sperimentali e di studi sulle basi neurobiologiche, ad esempio del giudizio morale intuitivo

Cosa hanno dimostrato?

Hanno dimostrato che quando dico che “Questo è un giudizio giusto o sbagliato” ad esempio su un fatto di incesto, ciò è pronunciato in seguito alla prevalente attivazione di aree emotive. L’aver riabilitato le emozioni in Etica non è una cosa nuovissima, Max Scheler all’inizio del ‘900 ha riabilitato tutta la sfera del sentire: la questione quindi non è nuova, oggi sono nuovi i dati particolarmente intriganti dell'attivazione prevalente di aree emotive cerebrali. Attualmente la domanda sulla responsabilità di scelta, molto più etica della libertà di scelta, ha delle ricadute sul senso comune, sul modo come le persone percepiscono se stesse quindi anche poi sul modo in cui le persone agiscono. Il panorama dell’Etica contemporanea è un panorama mosso, c’è chi parla di panico etico paventando l'invasione delle neuroscienze nel continente dell’Etica fondato sul valore e sulle norme

Spiazzandole quindi?

Buttando a mare intere biblioteche di Filosofia Morale. Non ritengo che sia questo il futuro, anche se ci sono state ipotesi naturaliste in Etica, pensiamo ad Adam Smith e a Hume nel ‘700 fondando l’Etica sulle passioni e sulla simpatia considerata un istinto di cui è dotata l’intera specie umana. E anche vero che il naturalismo spiega fino ad un certo punto il comportamento morale. Le neuroscienze oggi hanno una potenza superiore a queste visioni naturalistiche del ‘700

Sì, perché hanno una potenza anche massmediale

Oltre ai tanti dati che producono, si unisce quello che viene chiamato appeal delle neuroscienze per cui la spiegazione neuro è presa di default come migliore rispetto alla spiegazione psico. Questo è il frutto di un divulgazione e popolarizzazione dei risultati delle neuroscienze, una fase che verrà superata. Semmai la questione più di fondo è che oggi recuperiamo dagli empiristi inglesi e scozzesi del’700 l’attenzione per la natura umana il che mi pare

Positivo

Eh, sì. È una visione concreta dell’Etica e c’è un rilancio, secondo me tra i più importanti, della psicologia morale che fa sì che io sia motivata ad agire bene piuttosto che male, ad avere comportamenti pietosi piuttosto che violenti ed aggressivi, che tipo di dinamiche psicologiche, oggi anche neurobiologiche, mi predispongono ad un comportamento morale. Questa attenzione è ottima perché tutta l’Etica analitica ha lavorato e lavora ancora in gran parte in gran parte sulla ghigliottina di Hume: tutti i campi della conoscenza della natura umana sono rigorosamente separati dai campi della valutazione. Questa legge di Hume è ormai insostenibile alla luce dei nuovi dati sperimentali della natura umana. Oggi guardiamo all’esperienza morale con una ricchezza di prospettive che partono dall’inconscio e dai sistemi di potere che ci costituiscono che poi va alla presa di posizione di ciascuno di noi nei confronti dei valori o della visione del mondo. Lo sguardo rivolto alla natura umana è necessario soprattutto in un‘epoca di convivenza delle più disparate teorie, posizioni o valutazioni della realtà.

Laura Boella: Neuroetica, la morale prima della morale, Raffaello Cortina editore


Quali prospettive di rinnovamento si pongono per l'Etica?

Per l’Etica oggi si pongono prospettive di rinnovamento come necessarie ma non nella forma puramente distruttiva come dice Hocking “è finita la filosofia, adesso c'è solo la fisica” questi termini sono improponibili e insostenibili

Che ruolo occupa la filosofia nella nostra vita?

Fortunatamente ora si sta delineando una netta distinzione tra scuola di filosofia a cui possono partecipare tutti e consulenza filosofica che è un rapporto duale col paziente e che richiede una certa preparazione

Infatti è soprattutto importante essere in grado di riconoscere il disagio di chi si ha difronte se si tratta di una patologia psichiatrica non si può trattare con la filosofia altrimenti si combinerebbero guai

Tornando al ruolo della filosofia, il bisogno di filosofia è un bisogno utile per questa società e si può soddisfare proponendo alle persone di leggere non solo statistiche o piani di produzione, ma magari dialoghi socratici. Però credo non si possa rifarsi solo agli antichi perché c'è una cesura dalla modernità in poi, c'è una crisi dei fondamenti che non si può ignorare e rifarsi solo sulla Grecia

Assolutamente non si può, per fare un lavoro serio bisogna tenere presente alcuni punti enunciati da Socrate poi rivederli nella modernità. La filosofia è stata un lungo cammino, fermarsi sulla Grecia è riduttivo. Bisogna andare avanti e ritrovare la rielaborazioni in altri pensatori

Non accetto la filosofia come terapia dell'anima che ignora la modernità e tutto ciò che nella filosofia è accaduto nel '900, il problema della morte della filosofia, marxismo, utopie, escatologie. Non si può ignorare che la filosofia è stata segnata da queste vicende. Che sia consolatoria a me non sembra

No, la consulenza filosofica non è consolatoria. Non è la persona che legge i testi, è il consulente filosofico che deve aver letto i testi elaborandoli e non solo quelli di Platone

Ma mi chiedo perché si censuri il novecento dove ci sono filosofi che si sono occupati del male, oggi la filosofia è questo: il suo merito è aver sostenuto queste fratture della tradizione. Ritengo che fare un unicum lineare da Socrate ai giorni nostri sia forse un po' riduttivo. Io la filosofia non la vedo come un mezzo per aiutare a risolvere. Il consulente non dà la soluzione ma aiuta la persona ad individuarla per poi ricostruire il puzzle

Proprio come la pratico io! Questa rivista pone spesso l’accento sulla questione femminile intesa non solo come interesse per il genere femminile ma anche come categoria dell’essere. Dai suoi studi su importanti filosofe del passato quali la Zambrano, la Weil, la Arendt, come pensa abbiano influenzato il nostro tempo? Come possono aiutarci oggi?

Sono molto convinta che siano un esempio di pensiero, delle maestre di pensiero. Non maestre di filosofia, ma di pensiero. Per me il pensiero è una cosa diversa dalla filosofia, un po' come l'Etica non è la stessa cosa della vita morale. Non devono essere messe insieme perché sono tanto più importanti quanto più si notano le unicità di ciascuna rispetto all'altra. Le pensatrici offrono un esempio di libertà di pensiero di indipendenza rispetto anche agli orientamenti del sapere dominante e poi di coraggio nell'affermazione delle cose in cui credevano. Sono grandi maestre.

Lei ha realizzato approfonditi studi sull’empatia, a quali risultati è giunta?

L'empatia è una delle risorse umane fondamentali

Laura Boella, Essenze e forme della simpatia, Franco Angeli


Cosa pensa del significato che si dà comunemente al termine empatia intesa come entrare in pieno contatto con l'altro?

Ho combattuto contro questo luogo comune. L'empatia è una capacità umana che oggi viene studiata anche a livello neurobiologico. Va gestita attivamente che vuol dire qualcosa di diverso che considerare l'empatia un sentimento dei buoni, dei socievoli, degli altruisti. L'empatia è una forma di esperienza che coinvolge emozioni e attività cognitive. Coinvolge la corporeità

Se il rapporto madre-bambino non è empatia cos'è?

È una forma di identificazione affettiva rispetto alla quale l'empatia compiuta contiene la distinzione fra l'io e l'altro

È la psicologia ad aver creato confusione?

In parte sì, anche se negli ultimi anni c'è stato un grosso dibattito e oggi è stata la psicologia cognitiva a introdurre il diverso uso del termine attingendo dalla fenomenologia in particolare da Scheler queste distinzioni

A lei Laura Boella la filosofia come ricerca di sé, cosa ha dato?

Le rispondo in un modo che la stupirà. A me di me stessa nulla, mi è servita per aprirmi a qualcosa d'altro che non sono io stessa

Beh, credo non sia cosa da poco

Mentre ho un'obiezione verso la consulenza filosofica che è spesso un mettere a posto i pezzi

Non è solo questo perché dobbiamo incontrare l'altro e dobbiamo essere pronti

Certo, capire cosa succede agli altri e al mondo in cui vivo, questo è il problema filosofico fondamentale

Maria Giovanna Farina


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