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Le nuove Medea

 



La Filosofia nasce dall'osservazione empirica del mondo e, pertanto, anche da un Telefilm apparentemente insignificante si può cogliere un interessante spunto di riflessione. Dopo questa doverosa captatio benevolentiae proseguo ammettendo che questo articolo nasce dalla visione, di qualche sera fa, di un episodio dei Griffin.

Durante quell'episodio il bambino percependo il suo migliore amico, il cane, distante e distratto decide, prendendo spunto da quanto vede accadere nel mondo degli adulti, di farsi "fecondare" con un'inverosimile tecnica di fecondazione assistita al fine di riavere tutte le attenzioni e di far rifiorire il rapporto con il suo tanto amato compagno di avventure. Ora, a parte la versione grottesca del fatto, ciò che è interessante notare è come viene vista e vissuta la "maternità". Il figlio viene visto come "strumento" per ottenere attenzioni e amore dall'oggetto del desiderio: non il frutto dell'amore tra una coppia ma il mezzo attraverso cui tenere legato a sé l'altro e far rinascere un rapporto ormai spento. Nel telefilm l'episodio si conclude con l'aborto del bambino in quanto la gravidanza non solo non aveva prodotto un riavvicinamento tra i 2 amici ma, anzi, li aveva allontanati ulteriormente. Fuor di metafora, ciò che accade nella realtà non è poi così diverso: amanti-fidanzate-mogli che, sentendosi trascurate o non essendo pienamente sicure del rapporto con il proprio compagno, anziché affrontare razionalmente la situazione e accettare un eventuale rottura, scelgono la subdola strada dell'inganno facendo in modo di rimanere incinte pur sapendo che l'altro non desidera un figlio, quantomeno non in quel momento. Il nascituro diviene lo strumento per non restare sole, per ottenere quelle attenzioni che altrimenti si teme di perdere del tutto oppure diviene uno stratagemma con il quale ci si illude di dare una nuova sferzata di energia ad un rapporto ormai consumato. Una volta che ci si rende conto che l'altro non solo non si riavvicina ma, spesso, si allontana definitivamente in quanto si sente ingannato ed ingabbiato allora molte donne decidono di sbarazzarsi tragicamente dei figli uccidendoli. E non mi riferisco all'interruzione di gravidanza ma ai tanti, troppi infanticidi a cui assistiamo sempre più di frequente: madri che uccidono i figli perché non sono stati funzionali a tenere legati a sé i padri e sono diventati un peso ingestibile. Uccidere i figli, per queste nuove Medea, ha il duplice vantaggio di ferire gli ex compagni facendoli sentire in colpa e di liberarle da un ruolo, quello di madre, che non sentono proprio , illudendosi di poter ricominciare da capo un'altra vita e un'altra storia! La psiche umana ha infiniti sentieri ma anche la società ha le sue responsabilità! Una società che, da secoli, cerca di convincere le donne che la maternità sia un "destino" o, addirittura, un "dovere da compiere"! Una società che non educa alla libertà e alla consapevolezza ma che impone un certo adeguamento alle tradizioni per non sovvertire un ordine che, tutto sommato, tra infelicità e frustrazioni, ha funzionato (sulla pelle di quante vittime non importa).

Come sosteneva Simone De Beauvoir, filosofa nonché fondatrice del Femminismo Esistenzialista, "Donne non si nasce, si diventa!". Il sesso con cui nasciamo (femmine o maschi; "donne" o "uomini"non sono il sesso ma rappresentano il genere che è una costruzione sociale e non un fatto biologico) non c'impone di diventare madri piuttosto che manager: la maternità non è un obbligo né verso la società, né verso la famiglia né verso noi stesse!Diventare madre non deve diventare un'ossessione né tanto meno un mezzo per tenere qualcuno legato a noi contro la sua volontà. La maternità deve essere una scelta libera e consapevole fatta insieme al partner e, per essere libera e consapevole, deve essere ponderata in modo autonomo, senza condizionamenti sociali, familiari e, soprattutto, senza la spinta di bisogni inconsci o vuoti da colmare. Non è la fame d'amore o la paura della solitudine ciò che può far generare una buona prole! I figli non sono un mezzo e, soprattutto, non sono una proprietà dei genitori di cui essi possono disporre a piacimento! Solo quando la società educherà alla consapevolezza e alla felicità, quando l'essere umano verrà spronato a cercare la sua strada e a tracciare il suo percorso autonomamente, a prescindere da ogni modello precostituito, unicamente in sintonia con i propri desideri, solo allora Medea si libererà del suo orribile volto sanguinario e correrà sul carro del Sole non per bruciare ma per risplendere di luce propria.

Samanta Airoldi, filosofa e blogger di cultura e società (febbraio 2016 - Tutti i diritti riservati©)


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